Blanca ha perso la vista a 12 anni durante un incendio in cui è morta la sorella. Con gli anni ha sviluppato una particolare sensibilità e la capacità di captare i segnali dal mondo circostante. Ha il sogno di lavorare in polizia. Dal carattere estroverso e tenace, riesce a essere accolta come stagista nel commissariato di Polizia di Genova, dove si rivela subito preziosa per le indagini. Un personaggio forte, originale, protagonista di una serie di romanzi di Patrizia Rinaldi pubblicati da e/o da cui è stata tratta la serie televisiva omonima in sei puntate (prima stagione dicembre 2021, seconda stagione ottobre 2023) su Rai 1, con Maria Chiara Giannetta nei panni della detective non vedente.
Di nuovo coinvolta nelle indagini dopo il ruolo di capitana dei Carabinieri in Don Matteo, ma stavolta senza divisa...
«Beh, una sorta di divisa ce l’ha anche Blanca, così estroversa da vestirsi in modo supercolorato».
È stato difficile calarsi nei panni di una non vedente?
«Prima di iniziare le riprese siamo andati con altri membri della troupe a casa di Andrea Bocelli a Forte dei Marmi. Lui ci ha dato tanti consigli, ma soprattutto è stato utile vederlo muoversi in un ambiente conosciuto con molta agilità e padronanza. Ma tutto, intorno a un non vedente, deve essere ordinato, guai se c’è un oggetto fuori posto. E poi ho anche conosciuto due atlete paralimpiche, Maria Ligorio, ex campionessa di corsa, e la schermitrice Veronica Tartaglia. Vedere che cosa sono state in grado di fare malgrado la loro condizione mi ha fatto sentire piccola».
Sul set recita con gli occhi aperti?
«Sì, potevo vedere, ma dovevo fingere di essere cieca. Allora ho usato gli oggetti che avevo intorno per creare delle situazioni tipiche dei non vedenti, come toccare, inciampare, perdere l’equilibrio».
Cos’ha capito della psicologia dei non vedenti?
«Innanzitutto hanno una diversa concezione del tempo perché fanno tutto con calma. Poi, non potendo avvalersi del canale visivo, prestano molta più attenzione ad altri segnali che arrivano dall’esterno, e acuiscono i sensi a tal punto da percepire molto più di chi vede, tanto da sembrare in possesso di superpoteri, proprio come succede con Blanca».
E poi c’è il cane guida...
«Mi hanno affiancata a un bulldog americano, Fiona, un cane dolcissimo che non aveva mai “recitato” prima. Ci siamo abituate l’una all’altra per un mese, sotto la guida dell’addestratrice Carolina Basile».
Lei ha mai avuto cani?
«Mi piacerebbe tanto, ma con la vita che faccio potrei al massimo prendermi un chihuahua da tenere chiuso in camerino, e non mi sembrerebbe bello. Neanche da piccola i miei ce lo hanno fatto prendere. Eravamo quattro fratelli, una casa già troppo affollata. Però abbiamo avuto tanti porcellini d’India che di notte lasciavamo liberi di scorrazzare fuori dalla gabbia e di cui ci siamo presi cura con tanta dedizione. È fondamentale per i bambini crescere con degli animali».
Aveva letto i libri di Patrizia Rinaldi?
«Sì, uno, ben prima che affidassero la parte a me: adoro i gialli. Non so perché la produzione abbia deciso di spostare l’ambientazione da Napoli a Genova, forse per trovare uno scenario meno battuto dalle serie. È comunque una città di mare, con un porto, fondamentale per le storie».
Blanca è un’appassionata di musica funk. E funk è anche la colonna sonora dei Calibro 35. Anche lei apprezza questo genere musicale?
«Blanca è proprio un personaggio funk, questa musica connota il suo carattere. Io, se dovessi definirmi, sceglierei per le mie due anime la musica classica e quella rock, anche con qualche punta heavy metal».
Come è stato dare l’addio a Terence Hill in Don Matteo?
«Per me è stato un onore e un piacere lavorare con un uomo così fantastico, che con la sua bontà e pacatezza tranquillizzava gli animi di tutti. Ora al suo posto c’è Raoul Bova, con cui ho già lavorato in Buongiorno mamma. È stato un avvicendamento del tutto sereno».