Maria Elena Boschi sfoggia uno di
quei sorrisi pittorici simili a una
Madonna di Filippo Lippi e cerca di
ostentare la sua normalità:
«Quest’esperienza di Governo ci ha
cambiato l’agenda, ma non lo stile
di vita. Prenda le vacanze. Prima di
andarmene qualche giorno con le
mie amiche, ho passato le ferie con la mia famiglia
riunita, i miei genitori, i miei due fratelli, le
cognate, come faccio da 33 anni, nello stesso stabilimento
balneare. Non è stato certo difficile
trovarmi, per i fotografi».
La ministra per le Riforme istituzionali e i
rapporti con il Parlamento ha tenuto banco per
tutta l’estate, dentro e fuori i palazzi della politica.
«Bella, brava e buona, non troverete scheletri
nell’armadio», dicono i concittadini della Boschi
ai giornalisti che vanno a Laterina, il borgo di
1.200 anime della campagna aretina dove ha vissuto e dove ancora vivono i suoi
genitori, il padre dirigente della
Coldiretti in pensione, la madre preside.
«Sarà raggiante mia nonna, abbonata
a Famiglia Cristiana». Ogni domenica
Maria Elena prende il suo bravo trenino
regionale e li raggiunge. Un rito cui
non rinuncia. «Voglio restare la persona
normale che sono sempre stata. Stiamo
cercando di cambiare la politica, ma
non vogliamo che la politica ci cambi».
Nel suo ufficio a pochi passi da Palazzo
Chigi partiamo dalle riforme.
Il Governo sembra più impegnato
a cambiare la Costituzione. Ma con
l’Italia in crisi servirebbero più provvedimenti
economici...
«Non li abbiamo certo dimenticati.
Gli 80 euro per i redditi inferiori a 1.500
euro netti al mese sono stati una priorità
del Governo: una riduzione drastica
delle tasse, insieme al taglio del 10 per
cento dell’Irap per le imprese, che non
avveniva da dieci anni».
Se guardiamo al calo dei consumi
non ha avuto molto successo...
«Provi a fare la controprova: vada a
chiederlo, come ho fatto io a chi quei
soldi li ha presi. Dai miei amici alle persone
che incontro durante la mia attività
politica o sul regionale che la domenica
mi porta dai miei, a Laterina, li ritengono
utili eccome, e li spendono.
C’è chi si paga la rata del motorino, chi
le bollette, chi si concede il semplice gusto
di una maglietta in più».
Ammetterà che di fronte a una tale
crisi si può fare di più.
«Certo che si può fare di più, ma
quello che abbiamo fatto noi in sei mesi
non lo aveva mai fatto nessuno. Non
abbiamo avuto paura di affrontare politiche
economiche per rimettere in moto
l’Italia. Inoltre anche le riforme istituzionali
contribuiscono alla ripresa
economica del Paese. Se definiamo le
competenze tra Stato e Regioni riformando
l’articolo V della Costituzione,
offriamo occasioni di sviluppo economico.
Una società che ha uno stabilimento
in Lombardia e uno in Piemonte
farà meno fatica se i limiti di emissione
ambientale sono gli stessi. Senza i poteri
di veto delle singole Regioni sarà più
facile impostare una strategia energetica
globale per il Paese. Ma potrei farle
altri esempi».
Era così urgente abolire il potere
legislativo del Senato con tutti i problemi
che abbiamo?
«Il bicameralismo perfetto dell’Italia,
con le sue caratteristiche, è un caso
unico in Europa. Ma la possibilità di poter
legiferare più velocemente, allineandoci
all’Europa, non è un aspetto secondario
per l'economia e quindi per i cittadini.
Non a caso anche Confindustria sostiene
le riforme istituzionali. Ma è il
quadro complessivo che va considerato.
Noi abbiamo lanciato i mille giorni
perché sappiamo che portare a compimento
le riforme strutturali che non si
sono fatte negli ultimi vent’anni richiede
alcuni mesi. Pensiamo alla grande
azione di semplificazione della pubblica
amministrazione. Immaginare un Paese in cui un cittadino non deve prendere
un giorno di ferie per avere un certificato
non sarà più un sogno»
È favorevole al quoziente familiare
nel calcolo dei redditi?
«Sì certo, noi abbiamo già nella legge
delega fiscale la possibilità di intervenire
sul quoziente famiglia. A mio avviso
dobbiamo sostenere maggiormente
le famiglie che hanno più figli, soprattutto
in un Paese che ha i tassi di natalità
dell’Italia. Non siamo riusciti a estendere
per il 2014 gli 80 euro per le famiglie
numerose, ma contiamo di farlo
nei limiti delle risorse disponibili nel
2015. Io credo però che ci debba essere
anche un elemento di equità. Non si
può prescindere dal reddito. Questo
passa da una riforma complessiva dei
parametri per stabilire quali sono le famiglie
con redditi agiati. Perché spesso
nei parametri attuali sono considerate
ricche famiglie che non lo sono».
Sulle politiche familiari restiamo
cenerentola in Europa.
«Non c’è solo l’elemento fiscale
nell’azione del Governo. Ci sono anche
gli asili nido, ad esempio. Ci siamo impegnati
a farne mille in mille giorni.
Nella delega sul lavoro c’è tutto il tema
dei congedi parentali che devono facilitare
le mamme e i papà. Dobbiamo allinearci
col resto d’Europa anche su questo.
Occorre anche ripensare il Welfare
di questo Paese, da chi assiste i genitori
anziani a chi si prende cura dei figli con
disabilità. Il sostegno alle famiglie passa
anche da questi temi. Penso al fondo
per la povertà e l’autosufficienza, che il
Governo vuole implementare segnando
un’inversione di tendenza».
Lei è una delle ministre più popolari
del Governo. Cosa le dice la gente?
«Mi piace il contatto diretto con le
persone, che cerco di portare avanti il
sabato e la domenica. Ci dicono di non
fermarci, di andare avanti, di andare oltre
certe resistenze».
Il momento più bello in questi sei
mesi da ministra?
«Forse quello in Congo, quando siamo
andati a prendere i bimbi adottati
dalle famiglie italiane. In quelle occasioni
ti rendi conto che il tuo impegno in
politica può davvero aiutare a migliorare
la vita della gente. Sono rimasta in
contatto con suor Benedicta, la suora
che gestisce uno degli orfanotrofi in
Congo e altre realtà in Italia, anche perché
stiamo seguendo i casi di altri bambini
e di altre famiglie in attesa»
Lei non ha mai nascosto il fatto di
essere credente.
«Non ho mai fatto parte di movimenti o associazioni come gli scout
o l’Azione cattolica. Mi definirei una
cattolica di parrocchia. A otto anni sono
stata la seconda chierichetta di Laterina.
Ho fatto la catechista per cinque
anni e sono stata anche, come si diceva
allora, una Papa girl. Ho partecipato a
due Gmg, quella di Parigi, nel 1997 e poi
quella di Roma, durante il Giubileo del
2000. Esperienze indimenticabili, che
vanno oltre l’evento e ti rimangono
dentro. Nel mio cuore rimarrà per sempre
il parroco di Laterina don Alberto
Gallorini (fui la prima bambina che lui
ha battezzato da giovane parroco, a 25
anni). Sono cresciuta con lui. Sono andata
a trovarlo a Sansepolcro quest’anno
con la mia famiglia quando era già molto
malato, a Pasqua. Se ne è andato
all’inizio di agosto, mentre ero in aula
per la riforma del Senato. Purtroppo ho
dovuto continuare a lavorare ma con
un grande vuoto dentro».
L’impegno dei cattolici in politica
sui temi “sensibili” non si vede...
«Fatta salva la laicità del ruolo che
rivesto, nel rispetto della Costituzione,
credo che l’impegno di un credente in
politica non riguardi solo determinate
tematiche ma sia a tutto campo. Chi ha
fede vive l’impegno in politica come
servizio e non come ambizione di carriera
personale».
La legge sull’aborto va rivista?
«Non credo che si debba mettere in
discussione oggi la legge sull’aborto,
penso che si debba darle attuazione integrale
in concreto come purtroppo
non è stato fatto fino ad ora. Ad esempio
con politiche a sostegno delle giovani
madri sole che hanno difficoltà a portare
avanti una gravidanza o che vivono
in condizioni di disagio e hanno difficoltà
economiche».
Che ne pensa del matrimonio e
dell’adozione gay?
«Non è un problema di matrimonio
ma di riconoscimento delle unioni civili
anche tra persone dello stesso sesso.
Sono anche convinta che il primo soggetto
da tutelare sia il minore. Partendo
da questa prospettiva, se esistono delle
coppie di fatto di due padri o due madri
gay che vivono già questa condizione,
magari per precedenti matrimoni, è giusto
per il bambino che venga riconosciuto
il rapporto con queste persone. Se
una delle due viene a mancare non può
rischiare di finire in un istituto».
L’omelia di Francesco alla Messa
dei politici in San Pietro, nel marzo
scorso, per molti parlamentari è stata
troppo severa. Oltretutto a un’ora antelucana
per i politici, le sette del mattino...
«Vi ho partecipato anch’io. Mi alzo
tutte le mattine alle sei e mezzo, la cosa
non ha cambiato le mie abitudini. Omelia
severa? Il Papa ha fatto un’omelia con
le letture di quel giorno: probabilmente
la critica arriva da persone che non sono
abituate ad andare a Messa»