Cari amici lettori, sono uscite qualche giorno fa – con discrezione – le “Risposte del Dicastero (della dottrina della fede, ndr) a Mons. Negri” (con data 31 ottobre), sottoscritte da papa Francesco.
Risposte alle domande del vescovo del Brasile se si possa battezzare un transessuale (risposta positiva), se un transessuale o una persona omosessuale (e che convive col partner) possano fare da padrino/madrina a un battezzato (sì, a determinate condizioni), se un transessuale o una persona omosessuale possano fare da testimone a un matrimonio (nulla lo vieta nella legislazione vigente) e, infine, se un bambino figlio di una coppia omosessuale possa essere battezzato (risposta positiva). Le risposte del dicastero sono state riprese, ovviamente, dato il tema sensibile, anche dalla stampa laica.
La nota vaticana merita una lettura attenta del breve testo originale, e non solo di quanto ripreso dai media, per il modo di procedere e le ragioni, teologiche, spirituali e pastorali che la ispirano. E si presta a qualche considerazione per inquadrarla correttamente ed evitare giudizi frettolosi e superficiali. Anzitutto, va preso atto del realismo che ispira la nota: si riconosce una realtà, la presenza di persone omosessuali e transessuali nella Chiesa (o che desiderano esserne parte col Battesimo). Non un giudizio previo, tanto meno condanne, ma partenza da un dato di fatto. Per dirla con le parole di papa Francesco: «La realtà è superiore all’idea» (Evangelii gaudium).
Secondo, colpisce il filo delle motivazioni addotte per le posizioni prese. Tutto il ragionamento è radicato nei principi di fede di sempre, del Battesimo, dell’appartenenza ecclesiale (la Chiesa è una comunità di fede), del “carattere” sacramentale impresso dal Battesimo (si citano due giganti della statura di sant’Agostino e san Tommaso d’Aquino), soprattutto, si ricorda che la «Chiesa è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa» (Evangelii gaudium) e non una dogana. Non si tratta insomma di “aperture” a buon mercato, ma di posizioni radicate in principi di fede noti alla tradizione e applicati coerentemente a situazioni nuove. Terzo, vale anche il principio del discernimento: non tutte le situazioni sono bianco o nero, ma esiste una gamma di sfumature di “grigio”, in altre parole occorre valutare i singoli casi.
Si accoglie tutti, ma secondo il criterio della prudenza pastorale e, al di sopra di tutto, il criterio del bene spirituale della persona. Sono ragioni forse non semplici da accogliere (vi dedicheremo un approfondimento più avanti), ma che ci mettono in guardia dal seguire pregiudizi radicati e da valutazioni frettolose.
Forse la via più diretta per l’accoglienza di questi fratelli e sorelle viene dalle famiglie che hanno un figlio/a omosessuale o transessuale: ci sono esperienze commoventi di genitori che hanno accolto incondizionatamente questi figli, al di là di ogni categorizzazione. Questo ci ricorda lo spirito proprio della Chiesa, che è madre, in cui vive la memoria di quella che il documento vaticano chiama «la fedeltà dell’amore incondizionato di Dio, capace di generare anche con il peccatore un’alleanza irrevocabile, sempre aperta ad uno sviluppo».