Giuseppe Goisis.
"Bastardo", “Va a quel paese”, "Devi morire". E a seguire: "Il popolo prima o poi si ribellerà. Questo è quello che vi meritate". Sono solo alcuni degli insulti che giravano sui social rivolti al presidente Sergio Mattarella. Su queste frasi c'è un'indagine condotta dai carabinieri del Ros dall'aprile del 2020 che ha portato lo scorso martedì alle perquisizioni in undici abitazioni di altrettanti haters, autori di questi messaggi d’odio, indagati in tutta Italia dalla procura di Roma per i reati di offesa all'onore e al prestigio del presidente della Repubblica e istigazione a delinquere. Non è la prima volta che il presidente Mattarella, come altre altissime cariche istituzionali, sono stati fatti oggetto di campagne d’odio sui social. Ma perché proprio il presidente della repubblica?
“Mattarella, in tutte le crisi, con la pacatezza e la fermezza ch lo contraddistinguono, si è sempre sforzato di tenere la barra diritta ed è stato il garante e il punto di riferimento imprescindibile rispetto a due valori fondamentali del nostro vivere civile e strettamente collegati tra loro che sono la democrazia e l’Europa”.
Ne è convinto il professor Giuseppe Goisis, docente emerito di Filosofia politica all’università di Ca’ Foscari a Venezia, che ritiene il fatto di “grande gravità”. L’inchiesta in atto da parte della Procura di Roma vede tra gli indagati, tutti tra i 46 e i 65 anni, un professore universitario di Roma che insegna all’ateneo del Molise, collegato a gruppi e militanti di ispirazione suprematista e antisemita, tramite la piattaforma social russa VKontakte (una specie di Facebook), giornalisti bolognesi e piemontesi, pensionati, un cantautore e un impiegato amministrativo.
“Non siamo in questo caso soltanto in presenza di sprovveduti giovanotti o delle ormai frequenti esternazioni irresponsabili di chi, approfittando dell’anonimato della rete, riversa emozioni negative e distruttive, come rabbia, rancore o gelosia, e con un linguaggio dell’odio, colpisce nell’ombra e non risparmia nessuno: esponenti politici, scienziati, persone con disabilità. Una vera e propria ondata di distruzione della ragione che sta invadendo l’Italia, l’Europa e il mondo intero, che ha risvolti politici seri, basti pensare a quello che è accaduto negli Stati Uniti, a Capitol Hill il 6 gennaio scorso”.
-Già, qui siamo in presenza di persone adulte, acculturate, che hanno addirittura responsabilità formative. E si parla di collegamenti con gruppi eversivi…
“Sovranismo, populismo estremista, nazionalismo frenetico e convulso sono mondi che vanno assieme e il riferimento a qualche aggancio russo è grave perché in quel Paese esistono teorici di una certa destra guerriera e bellicosa, che mescolano peraltro anche elementi religiosi, lontanissimi dal Vangelo. Se, come pare, sono implicati anche intellettuali, il fatto è ancor più serio perché tutto questo non fa che confermare l’inanità, la fragilità della nostra democrazia. E qui sì, urge che la politica si muova prima che il cittadino perda del tutto la fiducia nelle istituzioni, non partecipi più alla vita democratica, e pensi che il lato oscuro della politica sia tutta la politica, come certe vicende, vedi Loggia Ungheria, possono portare a pensare. Al più presto si devono aprire porte e finestre, fugando i dubbi di complotti sempre presenti. Questo non per negare i tentativi di cospirazione che ci sono stati in passato anche in Italia, ma per rendere la casa “trasparente”. Altrimenti la democrazia diventa un “fantasma”.
-Corriamo, secondo lei, il rischio di derive autoritarie?
“Diciamo che la democrazia deve difendersi. E noi tutti dobbiamo essere consapevoli dei valori che sono in gioco, che si danno troppo spesso per scontati, e che invece non lo sono. Proprio Mattarella ci mette in guardia da questo rischio: andiamo a rileggere le parole del messaggio rivolto all’ultimo congresso della Fuci, o quelle pronunciate all’anniversario della morte di Aldo Moro. Dobbiamo chiederci: e se le garanzie civili che la democrazie autentiche custodiscono sparissero di colpo? Avremmo l’avvento delle “democrature”, per usare un neologismo dello scrittore sudamericano Eduardo Galeano, che definisce quelle democrazie ‘sulla carta’ che in realtà celano una dittatura di un uomo forte che sale al potere grazie a elezioni che lo insediano con maggioranze bulgare”.
-Come in Cina, in Turchia o in Russia?
“Questi sono i primi esempi che vengono in mente, ma si tende a commettere l’errore di pensare che siano casi non troppo diffusi e che invece le democrazie autentiche siano largamente diffuse. Invece, al contrario, nel mondo sono al di sotto del dieci per cento. E il problema si pone anche per l’Europa. Gli stessi Usa non sono vaccinati a queste derive, come abbiamo potuto vedere: è impressionante analizzare le teorie complottiste e i miti di estrema destra diffusi Oltreoceano”.
-C’è un serio problema di democrazia anche in Europa?
“E’ così: Europa e democrazia oggi sono due grandi malate. E c’è uno stretto legame tra queste due crisi. Per usare uno slogan direi che l’Europa del futuro o sarà autenticamente democratica o non sarà affatto, perché i nazionalismi l’avranno vuotata dal di dentro. L’errore di prospettiva quando si parlava di “più Europa” è stato quello di intenderlo solo dal punto di vista dell’allargamento dei confini dell’Unione e dell’inclusione di nuove nazioni, e non, invece, in una maggiore convergenza di tutti nei valori e negli ideali democratici fondanti la Ue. Concludendo: non pensiamo che la democrazia decada per spallate esterne; che siano le divisioni corazzate di Putin ad abbattere i nostri sistemi democratici. Il nemico è interno e si chiama disaffezione, appassimento dell'idea di bene comune. E il pericolo è che nessuno se ne accorga. Senza passione e sacrificio per i diritti, tutto può essere perduto”.