Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
martedì 17 settembre 2024
 
la risposta a salvini
 

«Queste sono le vere case famiglia»

21/01/2015  «Un business che lucra sulla pelle dei bambini», così si è espresso Matteo Salvini parlando delle case famiglia. Pronta la risposta di Ramonda dell'Associazione Giovanni XXIII che ricorda che le loro strutture sono una risposta preziosa e insostituibile al disagio di molti bambini.

«Quelle non sono case famiglia». E’ questa la risposta della Papa Giovanni XXIII a Matteo Salvini che, ospite a Che tempo che fa, ha proposto una commissione d’inchiesta «sulle case famiglia che sono un business che lucra sulla pelle dei bambini arrivando a costare fino a 400 euro al giorno per ogni minore».
Puntuale è arrivata la reazione di Giovanni Ramonda, responsabile generale della comunità fondata da don Oreste Benzi. E’ sbagliato «gettare fango in maniera generica su una risposta preziosa e insostituibile con cui centinaia di coppie scelgono di fare da padre e madre di bambini e ragazzi, molti anche con gravi handicap, che non possono più stare nelle loro famiglie di origine».

Non a caso le case famiglia sono il cuore della Papa Giovanni di Rimini. La prima è nata nel lontano luglio del 1973 a Coriano, non certo per lucrare, ma «per dare una famiglia a chi non ce l’ha», secondo una meravigliosa intuizione che il carisma di don Oreste ha saputo trasformare in realtà vissuta.

Oggi le case famiglia della Papa Giovanni sono 253 in Italia e 45 all’estero, aperte anche a bambini con handicap, anziani e giovani in difficoltà. Perché don Oreste non voleva surrogati ma famiglie vere, con due figure genitoriali stabili e motivate, in modo che i bambini e i ragazzi non si sentissero assistiti ma scelti e amati come figli.

E il punto è proprio questo. «Quelle di cui parla Salvini non sono case famiglia», ribadisce Ramonda, invitando il segretario della Lega a visitare una qualunque delle loro realtà, «su questo tema si fa una gran confusione che non aiuta certo a dare ai bambini le risposte di cui hanno bisogno».
Proprio nei giorni scorsi infatti, ancor prima che prendesse corpo questa polemica, la Papa Giovanni aveva presentato alla Commissione parlamentare d’infanzia la proposta di modificare la legge 184/83 sull’affido e l’adozione dei minori, distinguendo appunto le vere case famiglia, caratterizzate dalla presenza di figure di riferimento genitoriale, da altre realtà prive di questa caratteristica fondamentale.

«Da quando sono stati chiusi i vecchi istituti», conclude infatti Ramonda senza mezze parole, «molte strutture si fregiano del nome di casa famiglia, mentre invece non hanno un papà e una mamma, come avviene nelle nostre case, ma operatori a turno, che oltre a costare molto di più, non rispondono al bisogno primario del minore».

I vostri commenti
4

Stai visualizzando  dei 4 commenti

    Vedi altri 20 commenti
    Policy sulla pubblicazione dei commenti
    I commenti del sito di Famiglia Cristiana sono premoderati. E non saranno pubblicati qualora:

    • - contengano contenuti ingiuriosi, calunniosi, pornografici verso le persone di cui si parla
    • - siano discriminatori o incitino alla violenza in termini razziali, di genere, di religione, di disabilità
    • - contengano offese all’autore di un articolo o alla testata in generale
    • - la firma sia palesemente una appropriazione di identità altrui (personaggi famosi o di Chiesa)
    • - quando sia offensivo o irrispettoso di un altro lettore o di un suo commento

    Ogni commento lascia la responsabilità individuale in capo a chi lo ha esteso. L’editore si riserva il diritto di cancellare i messaggi che, anche in seguito a una prima pubblicazione, appaiano  - a suo insindacabile giudizio - inaccettabili per la linea editoriale del sito o lesivi della dignità delle persone.
     
     
    Pubblicità
    Edicola San Paolo