Marilyn Monroe è viva, mangia
salmone affumicato,
beve whisky addolcito con
un goccio d’acqua e ascolta
Vasco Rossi. Potenza della
lirica, dove ogni dramma è
un falso, cantava Lucio Dalla. E, prima
di tutto, come dimostrano le locandine
del Teatro alla Scala che adornano
i muri della sua casa milanese, Rosalina
Neri è stata una grande soprano.
Ma, tra gli anni Cinquanta e Sessanta,
per milioni di persone è stata la
“Marilyn Monroe italiana”. Quella vera
quest’anno avrebbe compiuto 90 anni.
Lei, che a ragione non vuole essere etichettata
solo come la sua sosia, ne ha
qualcuno in meno. E nello spettacolo
che ha appena portato in scena al Teatro
Parenti, (perché oltre a cantare è
anche una formidabile attrice), Je me
fut – Memorie false di una vita vera, immagina
Marilyn nascosta in una casa
di riposo: «Credo che non avrebbe
accettato di invecchiare in pubblico:
lei per tutti doveva restare sempre
bellissima».
Rosalina diventò Marilyn, anzi
“Merilina” come la chiama lei, grazie a
un’intuizione di Marcello Marchesi, il
grande scrittore e regista che la volle in
Tv nel suo programma Invito al sorriso.
«Io di mio sono mora (proprio come la
Monroe, ndr,) Un giorno Marchesi mi
disse: “Domani ti facciamo bionda”.
Andavamo in onda il giovedì sera. Il
giorno dopo tutti dissero che ero identica
alla “Merilina”».
La fama della “Marilyn Monroe
italiana” in breve varcò i nostri confini
e Rosalina fu invitata in Inghilterra a
girare uno spot per un caffè. E lì conobbe
la “Marilyn inglese”, l’attrice Diana
Dors: «Era più alta di me ed era bellissima.
È stato grazie a lei che a una festa
ho conosciuto il mio grande amore».
Jack Hylton, famoso direttore d’orchestra
e impresario. «Avevo un abito
preso a nolo che somigliava a quelli indossati
dalla Monroe, ma bastò: fu un
colpo di fulmine».
Le concatenazioni del destino continuarono
perché grazie a Hylton Rosalina
conobbe la vera Marilyn. «Jack
mi aveva portato con sé a New York a
vedere nuovi spettacoli da portare in
Inghilterra. Dopo una notte passata in
giro, la vidi all’entrata di un night: era
ubriaca, si reggeva a stento in piedi, era
vestita di nero e aveva una calza tutta
smagliata. Eppure era così carina, povera
stella. Di sicuro, anche in quelle
condizioni, era molto più bella di me».
Marilyn comunque si accorse
dell’eccezionale somiglianza con lei.
«Mi guardò e con la sua voce così dolce
esclamò: “Oh my God! What’s your
name?” (Mio Dio! Come ti chiami?). Le
risposi che mi chiamavo Rosalina e lei
allora mi disse che avrebbe parlato con
suo marito (Arthur Miller, il celebre
drammaturgo, ndr,) che stava scrivendo
il suo prossimo film: il suo personaggio
si sarebbe chiamato come me».
Andò davvero così. Il film Gli spostati
uscì nel 1961 con la regia di John
Huston e la Monroe interpretava
Roslyn Taber, una donna contesa dal
cow boy Clark Gable e dall’aviatore
Montgomery Clift. Fu un capolavoro
maledetto per i tre protagonisti: Gable
morì d’infarto dopo la fine delle riprese,
la Monroe l’anno dopo, il 5 agosto,
Clift nel 1966. «Ero nella mia casa di
Antibes quando lo seppi. Non me l’aspettavo.
Non ho mai creduto alla tesi
del suicidio. Marilyn mi sembrava una
donna piena di vita. Chissà cosa davvero
è successo quella notte». L’altra
tesi sulla morte dell’attrice è quella del
coinvolgimento dei fratelli John e Bob
Kennedy, entrambi amanti della Monroe.
Tutti ricordano quando nel maggio
del 1962, pochi mesi prima di morire,
alla festa di compleanno di John
Kennedy al Madison Square Garden di
New York Marilyn cantò “Happy Birthday
Mr. President”. Di sicuro, e questa
è un’altra coincidenza incredibile,
Rosalina durante una cena si ritrovò
accanto proprio al presidente degli
Stati Uniti. «Ero lì perché Jack era stato
invitato. Ero l’unica donna quella sera.
Io e lui mangiammo lo stesso piatto: le
rane alla provenzale. Fu molto gentile
con me e sicuramente notò la mia somiglianza
con Marilyn. Ma non disse
nulla. Probabilmente sapeva che Jack
era un uomo gelosissimo…».
Dopo la morte dell’attrice, Rosalina
attraversò un periodo difficile: «Nel
mondo dello spettacolo tutti dicevano:
“Questa è una povera cretina, pensa
di essere Marilyn Monroe”. Non mi
volevano più. Ma io non ho mollato».
E ha fatto bene perché, grazie a Filippo
Crivelli e a Giorgio Strehler, è tornata
a calcare le scene alla grande e non ha
più smesso.
Ma ora basta con i ricordi. Rosalina
prende una bottiglia di whisky: «Brindiamo.
A Marilyn».