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Venti di terza guerra mondiale sulla Siria senza pace

11/04/2018  Trump minaccia un attacco, spalleggiato da francesi e britannici, per punire il regime del presidente Assad e avverte la Russia: i nostri missili stanno arrivando.

Come un ragazzino impegnato in un videogioco bellico e non il “comandante in capo” della più grande potenza militare del mondo,  oggi Donald Trump ha lanciato su Twitter una minaccia da brividi: “La Russia intende abbattere tutti i missili lanciati contro la Siria. Russia, preparati perché stanno arrivando, belli, nuovi e intelligenti. Non dovresti essere il partner di un animale che uccide con il gas il suo popolo e si diverte!”

Purtroppo non è un gioco. Il  rischio che nei cieli della Siria  stia per scoppiare un conflitto fra Stati Uniti e Russia è reale. E il conflitto potrebbe trascinare altre potenze regionali ed europee. Sono in ballo la Francia, il Regno Unito, Israele, l’Iran.

A sette anni dal suo inizio la guerra in Siria diventa una polveriera pronta ad esplodere. Il presidente siriano Assad è tornato nel mirino per i fatti di sabato 7 aprile quando le milizie che combattono contro Assad, medici e soccorritori hanno denunciato un attacco con armi chimiche contro la città di Douma, nella regione del Ghouta orientale. Dagli ospedali siriani sono arrivate le immagini impressionanti dei cadaveri e dei sopravvissuti, fra loro molti bambini, lavati con l’acqua e soccorsi con le maschere dell’ossigeno. L’attacco avrebbe ucciso 70 persone, ma secondo la Syrian-American Medical Society ci sarebbero oltre 500 persone con i sintomi di “esposizione a un agente chimico”.

Nel fine settimana Trump ha subito messo sotto accusa Assad, definendolo “animale” e all’alba di lunedì 9 aprile è stata bombardata una base dell’aviazione siriana. Il bombardamento sarebbe stato compiuto dagli israeliani, anche se da Israele non è arrivata nessuna conferma (raramente lo ammettono). Nel bombardamento, che ha distrutto infrastrutture e ha provocato diverse vittime,  sono morti anche 7 consiglieri militari iraniani.

Nel frattempo Trump, che ha cancellato il suo previsto viaggio in America Latina, ha cominciato ad alzare la voce anche contro i russi, che insieme agli iraniani, sono i principali alleati del presidente siriano Assad. Mosca ha reagito definendo le notizie dell’attacco con armi chimiche “una provocazione”.

Lo scontro fra russi e americani si è spostato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dove il gioco dei veti incrociati, ha bloccato sia una risoluzione di condanna dell’attacco chimico sia l’invio di una commissione d’inchiesta. Così si sta mettendo in moto la macchina da guerra.

Già un anno fa, il 7 aprile, un attacco chimico in Siria attributo ad Assad provocò da parte degli Stati Uniti il lancio di 59 missili Tomahawk contro la base siriana dalla quale sarebbero partiti gli aerei carichi di armi chimiche. Secondo il Pentagono, i russi erano stati avvertiti, anche se da Mosca partì l’accusa di “violazione della legalità internazionale”. Questa volta, però, i russi promettono di non restare a guardare.

Ora Trump sembra deciso a un intervento militare più robusto rispetto a quello di un anno fa, forse della durata di qualche giorno. Per questo motivo, il presidente americano sta cercando alleati. Il più interventista sembra il presidente francese Macron, disposto però ad unirsi in un’azione militare limitata a colpire gli impianti di armi chimiche del regime. Sembra più prudente la premier britannica Theresa May, che ha chiesto di fare piena luce sul bombardamento di Douma.

Intanto l’Iran minaccia di non lasciare impunito l’attacco che ha provocato vittime iraniane in Siria e anche Israele è in allerta, pur non rinunciando a  tenere aperto un canale di comunicazione con i russi. Il principe saudita Mohammed Bin Salman, in visita a Parigi, sarebbe diposto a fare la sua parte pur di colpire Damasco e quindi, di riflesso, l’Iran, suo grande rivale nella regione. Dalla Turchia il primo ministro Yildirim chiede ai russi e agli americani di farla finita con questa “rissa da bulli di strada” sulla Siria, perché “il prezzo sarà pagato dalla popolazione siriana”. Sono fra le poche parole sensate ascoltate in queste ultime ore.

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E i siriani a Damasco protestano contro i raid Usa
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