Dopo cinque turni di campionato (una giornata da recuperare, quella dello sciopero, la prima) in testa Juventus e Udinese, a un punto Napoli, Palermo e Cagliari (e con loro ci sarebbe l’Atalanta senza la penalizzazione di 6 punti), la Roma a 3 con Lazio e Chievo, il Milan a 6, l’Inter a 7. Sensazionale sì, ma anche confuso. E provvisorio?
I per ora pochi confronti diretti parlano a favore del Napoli, che he distrutto Milan e Inter, e della Juventus, che al primo grosso impegno ha annichilito i rossoneri campioni d’Italia in carica. La sosta per due impegni della Nazionale ormai qualificata per gli Europei serve per il recupero degli infortunati, che sono sempre troppi, ma forse stoppa l’interesse e la tensione in un momento di interesse per il calcio giocato, per la classifica. Era meglio se si giocava ancora, subito, per capire qualcosina in più senza al Bar Sport rimescolii di carte favoriti dall’assenza di risultati e dunque dalla possibilità di teoricamente sostenere tutto e il contrario di tutto.
L’Udinese è una conferma dello scorso anno, e vien da pensare a dove potrebbe andare la squadra friulana se i preliminari della Champions League non l’avessero subito fatta sbattere contro il Manchester City e se avesse potuto tenere il gioielluccio cileno Sanchez, sacrificato ai soldi del Barcellona. La Juventus è la novità positiva attesa dal 2006 di Calciopoli, tutta volontà in campo, la classe in panchina (Del Piero), un allenatore – Conte - che praticamente è un giocatore, da come e quanto corre “trascinando”. Nuovo stadio ricco e umiltà povera, e Buffon che è sempre (o quasi) Buffon. Se tenesse, sarebbe un bene per tutto e (quasi) tutti.
Le due milanesi sembrano in crisi di uomini, fra infortuni e decadenze anagrafiche e atletiche e motivazionali.
L’Inter poi è in crisi di confusione, secondo i suoi corsi e ricorsi storici: due allenatori e non ancora un vero gioco. Il Napoli è meno Cavanidipendente del solito, buona notizia.
La Roma può vincere e perdere qualsiasi partita, come il Palermo e come la Lazio. Ma per noi la squadra da vetrina è il Novara: ha segnato 10 reti, quante nessuna, dopo avere ceduto i due bomber (Bertani e Gonzalez) della promozione. E l’uomo da vetrina è Giovinco del Parma: sue 5 delle 6 reti della sua squadra. Capocannoniere con Palacio del Genoa. Giovinco è cresciuto nella Juventus che non ha avuto fiducia piena in lui, o meglio che ha fatto conti sbagliati con i numeri piccoli della sua statura (164 centimetri).
Ma c’è dell’altro. Dal campo per via di un rigore fasullo (con espulsione del non colpevole) decisivo per cambiare la faccia di Inter-Napoli poi stravinta dai partenopei, ma soprattutto dagli uffici dei palazzi, dai posti maledetti del pissi-pissi bao-bao, ecco intanto gli ultimi sviluppi ma soprattutto viluppi della querelle fra Juventus e Inter, con il club bianconero che insiste nel volere che sia tolto all’Inter lo scudetto 2006 scucito per via di Calciopoli dalle maglie della Juve e smistato troppo celermente da Torino a Milano, con lo stesso club bianconero che sta arrivando addirittura a chiederlo indietro, visto che se Moggi ha peccato lo ha fatto in buona cioè brutta compagnia.
La Federcalcio che non sa più che fare sposta la grana su tribunali superiori ma vaghi, con intanto l’Inter che reputa di cattivo gusto riesumare cose di cinque anni fa e tirare in ballo un morto, Facchetti.
Ne abbiamo scritto sino alla nausea nostra e temiamo anche dei lettori, ma adesso passiamo dalle acrobazie legali alla paura reale, palpabile: che al primo contatto fra la tifoseria nerazzurra e quella bianconera scoppi la violenza. Lo scontro diretto è in programma il 30 ottobre a Milano, c’è tempo per ritrovare il senno ma non c’è nessuna voglia di ritrovarlo. Calciopoli non solo trascina ancora brutte accuse, ma peggio ancora produce cosacce nuove, prevedibili e non: e se ci sarà violenza anche gravissima non dite che non vi avevamo avvertiti.
D’altronde sembra che il nostro calcio, dopato dalle troppe trasfusioni di sangue straniero, soltanto nella violenza possa trovare una via autarchica di espressione forte. Non certo nel gioco: da ormai tanto tempo non si mette in evidenza chiara un talento italiano che è uno, e quell’onest’uomo di Prandelli citì della Nazionale deve fare finta di credere che Cassano e ancor più Balotelli siano brave persone capace di capirlo, seguirlo, assecondarlo, non tradirlo. E per fortuna che ormai siamo qualificati per il campionato europeo della prossima estate: sennò saremmo ancora capaci di sciupare tutto il discreto ma innegabile buon lavoro azzurro che ha sinora nascosto i lividi blu.