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lunedì 14 ottobre 2024
 
 

Sui giudici inchieste e non liste

23/08/2013  A proposito dei servizi di Panorama e de Il Giornale sulle toghe rosse e Berlusconi.

Un’inchiesta è un’inchiesta, una lista è una lista. Noi, che abbiamo rispetto per il giornalismo di qualità e lo abbiamo frequentato proprio in certe stanze della Mondadori, sappiamo che tra le due cose c’è una differenza. Ma a volte si legano. Soprattutto se a fare “l’inchiesta” è Panorama, e a fare la lista – con foto – è il Giornale, che anticipa i contenuti del settimanale cugino. Con una lista di immagini dei 20 magistrati rossi “implicati” nei 34 processi a carico di Berlusconi. Ripetiamo: una inchiesta è una inchiesta e possiamo perfino concordare che non va considerata “linciaggio mediatico”, come sul caso ha detto l’Anm, Associazione Nazionale Magistrati.

Però , converrete, la lista è una cosa diversa. Se uno dice lista, e mette su un foglio di giornale 20 foto segnaletiche, la mente associa termini come proscrizione e condannati. Come epurazione e “casa per casa”. Si presta a quanto detto di recente da un dirigente di Fiera Milano e noto imprenditore, che consigliava di mettere una croce sulle case di certi giudici, come in Egitto,  per “fare sapere a tutti dove abitano”. Insomma la lista ha più a che fare con incauti angeli sterminatori, ed è qualcosa di diverso dall’approfondimento, lo scavo, perfino il solo tentativo di fare due conti (20 toghe rosse su 34). Quella lista, quelle foto sanno di pogrom, di notte dei cristalli, di stella di Davide da appendere su case e negozi. Certo, l’Italia non è la Germania degli anni 30, Silvio B. non ha i baffetti,  ma tutto questo ha davvero poco a che fare con l’informazione. È  battaglia politica combattuta con altre armi. E sta degenerando. Sta degradando. Prende a prestito perfino dalla Bibbia – il processo al Cavaliere come quello a Gesù e Barabba; la strage degli innocenti in Egitto – per piegare alla propria tesi monomaniacale e paranoide – la ingiusta persecuzione giudiziaria - perfino la Scrittura.

A questo punto dobbiamo un chiarimento ai nostri, di lettori. Questo gioco delle parti va avanti da anni, e non ci appassiona affatto, né solletica nascoste passioni politiche di parte. Di più: non ci sarebbe nulla degno di attenzione - nè l’inversione dell’onere del giudizio che chiama a difendersi i giudici e non l’imputato (condannato); l’ ostinata campagna mediatica che sottopone a referendum popolari alcune sentenze; dichiarazioni tv ripetute con robotica fissità –  se non fosse che alle vicende del Cavaliere furioso è appeso il destino del Governo, dunque del Paese, dunque delle famiglie italiane. Che sono quelle che ci interessano. E se non fosse che ci rifiutiamo di accettare – con tutto il rispetto per tanti colleghi - che una inchiesta debba partorire una lista.

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