Giordana con la mamma Vera
Le storie di violenza sulle donne hanno quasi sempre lo stesso tragico copione, e rendono sempre più urgente cambiare una cultura per cui troppe volte si confonde l’amore con il possesso, che, di fronte a un rifiuto, a un abbandono, porta l’uomo a reagire con gesti estremi. Emblematica nella sua tragicità è la vicenda di Giordana Di Stefano, uccisa nel 2015 a Nicolosi (Catania) dall’ex fidanzato e padre di sua figlia con 48 coltellate, quando aveva solo 20 anni. Su di lei la giornalista del Tg1 Arianna Pannitteri ha scritto un libro, La forza delle donne (Giulio Perrone editore), rivolto ai ragazzi. La madre Vera Squatrito in sua memoria ha fondato l’associazione Io sono Giordana e sta realizzando un centro di accoglienza per donne e bambini vittime di violenza, La casa di Giordy. «Giordy era il soprannome con cui in famiglia chiamavamo Giordana» ricorda la donna. «La sua è stata una morte annunciata: il giorno dopo il suo omicidio si sarebbe dovuta tenere l’udienza per stalking in cui era imputato l’ex fidanzato Antonio Luca Priolo. Si erano messi insieme quando Giordana aveva 15 anni e dopo sei mesi lei aveva scoperto di essere incinta. Lui voleva che abortisse, ma lei si è rifiutata. Hanno continuato a stare insieme, ma lui è diventato sempre più oppressivo, la controllava, la denigrava sul suo aspetto, anche se lei era una bellissima ragazza, che faceva danza e amava la vita. Lui la stava annientando, aveva perso le amicizie, la voglia di uscire e studiare. Dopo due anni di quel rapporto malato ha deciso di lasciarlo. È cominciato lo stalking, anche 80 telefonate al giorno, agguati, irruzioni in casa. Lei si è spaventata e lo ha denunciato. Pensava di aver chiuso con quella brutta storia, ha ripreso a studiare, ha incontrato un altro ragazzo. Ma l’ex covava dentro un odio feroce, perché lei si era permessa di rendere pubblico il suo comportamento, un’onta imperdonabile. Così ha pianificato la sua morte: ha acquistato un coltello, ha detto a tutti che sarebbe andato all’estero, ha aspettato che finisse di lavorare come animatrice a una festa e si è accanito su di lei con una ferocia bestiale. La lama era di soli cinque centimetri, è morta dissanguata». Poi è tornato a casa a cambiarsi ed è partito per Milano, dove è stato intercettato dalla polizia mentre stava per prendere il treno per Lugano. Reo confesso, la Cassazione nel 2019 ha confermato la condanna a 30 anni di carcere». Vera, che sta crescendo la nipotina, da subito ha iniziato ad andare a parlare nelle scuole, per far capire soprattutto alle ragazze di allontanarsi immediatamente da rapporti malati, che non possono essere amore. «Ho trovato un motivo per continuare a vivere, anche se quando ti muore una figlia così il dolore non si potrà mai cancellare».