Nonostante la tregua in vigore dal 10 ottobre, la sera del 3 dicembre i raid sono tornatu a colpire la popolazione civile della Striscia di Gaza. Un bombardamento israeliano vicino a Khan Yunis, nel sud dell’enclave palestinese, ha provocato la morte di cinque persone, tra cui due bambini di otto e dieci anni. Lo ha riferito l’ospedale da campo kuwaitiano della zona di Al Mawassi, che ha ricevuto anche numerosi feriti.

Secondo la difesa civile di Gaza – organismo sotto l’autorità di Hamas – i missili avrebbero colpito un’area di tende occupate da sfollati. Il portavoce Mahmoud Bassal ha confermato il bilancio delle vittime.

L’esercito israeliano ha dichiarato di aver mirato a un “terrorista di Hamas” dopo uno scontro avvenuto nel sud della Striscia, nel quale cinque soldati sono rimasti feriti. L’operazione, condotta dalla brigata di ricognizione Golani a est di Rafah, è iniziata quando miliziani sarebbero emersi da un tunnel, dando origine a un violento conflitto a fuoco. Fonti del ministero dell’interno di Hamas hanno riferito che, durante l’azione, le forze israeliane avrebbero utilizzato anche artiglieria e supporto aereo.

Intanto, nella mattina del 4 dicembre l’esercito israeliano ha annunciato di aver identificato il corpo del penultimo ostaggio ancora detenuto a Gaza: il tailandese Sudthisak Rinthalak. L’uomo era stato ucciso il 7 ottobre 2023 durante l’attacco di Hamas in Israele e il suo corpo era stato trasferito nella Striscia, dove era passato nelle mani della Jihad islamica.

Nell’ambito dell’accordo di tregua, Hamas ha finora rilasciato i venti ostaggi vivi rimasti e restituito 27 salme su 28. Proseguono le ricerche del corpo dell’ultimo ostaggio israeliano.

Il premier libanese Nawaf Salam ha dichiarato che, pur riconoscendo che una pace duratura tra Libano e Israele potrebbe un giorno aprire la strada a relazioni diplomatiche ed economiche, la normalizzazione resta «ancora lontana» a causa delle tensioni irrisolte nella regione. Sul fronte statunitense, il presidente Donald J. Trump continua a ricoprire un ruolo centrale: nei mesi scorsi aveva presentato il proprio piano di pace per Gaza, definendo l’accordo firmato a Sharm el-Sheikh «la prima fase per porre fine alla guerra», legandolo al rilascio degli ostaggi e a un ridimensionamento dell’azione militare israeliana. La ripresa degli attacchi, come il bombardamento sul campo profughi di Khan Yunis con vittime civili, mostra tuttavia quanto la tregua sia fragile e quanto sia difficile tradurre le iniziative diplomatiche in una pace stabile, come indicano anche le reazioni e le posizioni espresse da Salam e Trump.

Le reazioni internazionali

Il premier libanese Nawaf Salam ha dichiarato che, pur riconoscendo che una pace duratura tra Libano e Israele potrebbe un giorno aprire la strada a relazioni diplomatiche ed economiche, la normalizzazione resta «ancora lontana» a causa delle tensioni irrisolte nella regione.

Sul fronte statunitense, il presidente Donald J. Trump continua a ricoprire un ruolo centrale: nei mesi scorsi aveva presentato il proprio piano di pace per Gaza, definendo l’accordo firmato a Sharm el-Sheikh «la prima fase per porre fine alla guerra», legandolo al rilascio degli ostaggi e a un ridimensionamento dell’azione militare israeliana. La ripresa degli attacchi, come il bombardamento sul campo profughi di Khan Yunis con vittime civili, mostra tuttavia quanto la tregua sia fragile e quanto sia difficile tradurre le iniziative diplomatiche in una pace stabile, come indicano anche le reazioni e le posizioni espresse da Salam e Trump.