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Numeri da far girare la testa scatenati da alcuni fattori. «Noia, solitudine, frustrazione e assenza di regole sono alla base di questo fenomeno. Emergono nuovi bisogni, fragilità e paure che, se non intercettate, alimentano solitudini e distanze. Recuperare il terreno perduto non è semplice, a partire dalla consapevolezza che lo smartphone sia diventato una impareggiabile agenzia educativa. Nel bene e nel male i ragazzi apprendono il mondo attraverso lo schermo, sempre acceso, sempre disponibile, dove trovano tutto e subito. Come poter competere? Restituendo ai nostri figli il senso profondo della parola, il riconoscimento e la gestione delle proprie emozioni». E allora che fare? «Per fare pace con la nostra umanità, dissolta in una tecnologia oltremodo pervasiva, le famiglie hanno bisogno del supporto concreto da parte delle istituzioni, a partire dalla scuola. Non basta infilare il termine cittadinanza digitale dentro un confuso programma di educazione civica. Serve entrare nel “merito” della questione. Forse in questa logica andrebbe letta la nuova dicitura del Ministero dell’Istruzione e, appunto, del merito. Un principio che parte dall’ascolto dei ragazzi e dalla valorizzazione delle buone prassi sviluppate in autonomia dai territori e dalla comunità educante». Nelle sue considerazione il senso dell'appello della Fondazione: «Anticorpi da condividere in percorsi e protocolli a beneficio di studenti e famiglie. Una battaglia di civiltà che vede coinvolti più ministeri: dalla delega ai Giovani, alla Famiglia e alle Politiche Sociali. Insieme a Salute e Istruzione si configura un ideale Comitato Tecnico Interministeriale per l’Educazione in supporto alla Commissione bicamerale per l'Infanzia che doterebbe tutta la società di una rete adeguata di supporto e prevenzione. Genitori, educatori e insegnanti possono tornare i custodi del benessere dei minori, con nuovi strumenti, modelli e linguaggi in grado di spezzare questo letargo di valori».



