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Duecentocinquantatré anni dopo Cesare Beccaria che pubblicò Dei delitti e delle pene nel 1764, 33 anni dopo la Convenzione Onu del 1984 contro la tortura, anche in Italia la tortura diventa un reato a sé stante.
La Camera ha approvato in via definitiva, il 5 luglio 2017, la legge che inserisce la tortura nel Codice penale. Questo non significa che finora fosse consentito torturare chicchessia, ma che si punivano (ammesso che si riuscisse a dimostrarle in giudizio) le singole condotte riconducibili a reati già presenti nel Codice: minacce, violenza, lesioni variamente aggravate ecc.
I contenuti. La nuova legge punisce con il carcere da 4 a 10 anni chiunque, con violenze o minacce gravi o con crudeltà, cagiona a una persona privata della libertà o affidata alla sua custodia «sofferenze fisiche acute» o un trauma psichico verificabile. Gli anni di carcere salgono a un massimo di 12 se a commettere il reato è un pubblico ufficiale. Il reato richiede una pluralità di condotte (più atti di violenza o minaccia) oppure deve comportare «un trattamento inumano o degradante». Specifiche aggravanti scattano in caso di lesioni o morte.
Non c’è reato di tortura, invece, per le sofferenze risultanti unicamente da «legittime misure limitative di diritti». Se la tortura viene da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei suoi doveri, la pena è aggravata con un extra che va da 5 a 12 anni. Rischia 3 anni anche il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che istiga alla tortura ma non viene obbedito. Il testo prevede anche che nessuno possa essere espulso, respinto o estradato verso Paesi in cui corra il rischio di essere esposto a tortura. Nessuna dichiarazione o informazione estorta sotto tortura è utilizzabile in processo; ma varrà, invece, come prova contro gli imputati chi è imputato di tortura. È esclusa ogni forma di immunità per cittadini stranieri imputati o condannati per tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale: se richiesto saranno estradati.
Le reazioni. La legge, approvata con 198 voti, ha molto diviso. Favorevoli Pd e Ap. Astenuti M5s, Si, Scelta civica, Mdp e Civici e innovatori. Contrari: Fi, Cor, Fdi e Lega. Il risultato, a giudicare dai commenti successivi, convince pochi. Le perplessità sono in parte politiche (chi pensa che sia troppo e chi troppo poco), in parte tecniche, dovute alla scrittura della legge. Si teme, infatti, che il testo pecchi di scarsa chiarezza, come del resto spesso accade alle norme, frutto di compromessi e mediazioni di posizioni contrapposte, che si approvano a fatica negoziando tra molte divisioni.
L'aspetto tecnico spiega i dubbi anche da parte di chi ha sostenuto con convinzione la necessità di una legge ad hoc, come Luigi Manconi che, promotore della legge, l'ha sconfessata alla fine. Amnesty e Antigone, favorevoli da sempre al reato di tortura, salutano con favore l'esistenza di una legge ma non nascondono il timore che il testo uscito dal Parlamento sia confuso nella fattispecie e dunque si riveli inefficace. I sindacati di polizia temono di finire esposti di denunce strumentali. E molti operatori del diritto muovono critiche all’applicabilità della legge che non funzionerebbe, per esempio, per i fatti della scuola Diaz e di Bolzaneto. A dirlo per primi, sono i giudici che di quei casi si sono occupati.



