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Il verdetto di colpevolezza che il 15 dicembre è stato emesso contro Jimmy Lai, 78 anni, in carcere dal 2020, è l’ennesimo triste giorno per Hong Kong, per la democrazia e per la libertà.
Jimmy Lai è un ex imprenditore e editore con una storia che merita di essere conosciuta. Nato in una povera famiglia di Canton (Cina), come molti ragazzi del suo tempo ha fatto fortuna a Hong Kong, creando dal nulla un noto brand tessile. Dopo la tragedia di Piazza Tiananmen (1989), Jimmy aderisce agli ideali di libertà e democrazia e abbraccia la fede cattolica.
Iniziano i guai: il boicottaggio da parte del regime cinese lo costringe a vendere la sua azienda. Ma Lai non si arrende: nel 1995 fonda l’Apple Daily, il più importante quotidiano democratico a Hong Kong, oggi soppresso e con la redazione imprigionata.
Con l’introduzione della legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino su Hong Kong (1 luglio 2020), i principali leader democratici della grande metropoli, molti di loro cattolici, sono incarcerati. Jimmy Lai ha il passaporto britannico e potrebbe facilmente riparare all’estero. Sceglie invece di rimanere a Hong Kong e affrontare con ammirevole consapevolezza la repressione che si abbatte su di lui come un bersaglio esemplare.


Jimmy Lai è anziano e afflitto da problemi di salute
Nell’isolamento della sua cella èsorretto dalla fede, che esprime disegnando immagini del crocifisso e leggendo la bibbia. Tra i pochi che hanno potuto visitarlo c’è il Card Joseph Zen, 93 anni, vescovo emerito di Hong Kong. Il rapporto tra i due è molto forte: il Card Zen aveva battezzato Jimmy e ha partecipato alle udienze del processo. Il giorno del verdetto l’anziano cardinale, sostenendosi con il bastone, ha accompagnato in tribunale la moglie e il figlio di Jimmy. La condanna per i reati di collusione con forze straniere e sedizione era sventuratamente già scritta nella natura politica del processo. La sentenza sarà consegnata dopo il 12 gennaio ed è umanamente impensabile che gli sia risparmiato l’ergastolo.
Riprenderanno ora i processi agli altri leader democratici. Ho ricordato sopra che molti di loro, come Jimmy Lai, sono cattolici. Sono in prigione perché sono democratici, non per la loro fede. Ma sono democratici perché, da cristiani, amano la libertà, che è il fondamento della dignità di figli di Dio. Sono cresciuti nelle nostre parrocchie, scuole e associazioni e hanno preso sul serio la vocazione sociale, ovvero alla giustizia e al bene comune, della fede. Sono confessori della fede: di certo la loro testimonianza meriterebbe più riconoscimento. Ben pochi chiedono la loro liberazione. Viviamo infatti in un tempo e in un mondo che non amano la libertà né chi per essa dona la propria stessa vita.





