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Alcune coppie palestinesi celebrano il matrimonio a Khan Younis nel Sud della Striscia di Gaza
Martedì 2 dicembre a Khan Yunis, nella Striscia di Gaza, 54 coppie palestinesi si sono unite in matrimonio. Alla cerimonia hanno partecipato oltre 21.000 persone, tra cui famiglie, anziani locali, coordinatori culturali e operatori umanitari. Alcuni di loro hanno seguito la cerimonia dai ruderi di un palazzo distrutto dai bombardamenti israeliani. Il numero delle coppie unite in matrimonio non era casuale. Ognuna delle 54 coppie simboleggiava un anno dell'Unione degli Emirati Arabi Uniti, che dichiarò la sua indipendenza dal Regno Unito il 2 dicembre del 1971.
La decisione degli Emirati Arabi Uniti di ospitare un matrimonio di massa per i palestinesi in occasione del 54° Union Day riflette il loro costante impegno umanitario a Gaza. Il matrimonio fa parte dell'Operazione Chivalrous Knight 3, un'iniziativa più ampia volta a fornire sostegno ai palestinesi nel contesto del conflitto in corso. Va ricordato che gli Emirati Arabi Uniti si sono impegnati a destinare almeno il 15% dei propri aiuti esteri totali a scopi umanitari, il che renderebbe gli Emirati Arabi Uniti uno dei donatori più generosi nel campo dell'assistenza umanitaria.
Sposarsi oggi a Gaza significa fare una scommessa sul futuro, ma quale è oggi il futuro di Gaza? Trump è riuscito a convincere sia Israele che Hamas a firmare un accordo di cessate il fuoco in ottobre, dopo aver mobilitato la comunità internazionale attorno al suo piano in 20 punti per porre fine alla guerra. Il documento separato del 9 ottobre, firmato dalle parti, trattava però solo i punti relativi a quella che è stata definita la "fase uno": la tregua iniziale, il ritiro dell'IDF, i termini dello scambio di ostaggi e prigionieri e le disposizioni relative agli aiuti umanitari. Non è stato raggiunto alcun accordo formale sui punti della "fase due" che riguardavano la gestione postbellica di Gaza.
La fragilità della tregua è apparsa evidente fin dall’inizio. Il cessate il fuoco ha vacillato poiché Hamas è rimasta la forza palestinese più dominante in circa il 50% di Gaza non controllato dalle forze armate israeliane. Ci sono stati attacchi mortali dell'IDF quasi quotidiani che hanno preso di mira quelli che Israele definisce membri di Hamas, anche se tra le vittime dei bombardamenti ci sono state donne e bambini. Secondo un calcolo della catena televisiva qatarina Al Jazeera al 3 dicembre, Israele ha compiuto attacchi in 44 dei 55 giorni di cosiddetto “cessate il fuoco”.
Secondo il Ministero della Salute palestinese, gli attacchi israeliani a Gaza hanno causato la morte di oltre 70.000 persone in più di due anni di guerra, mentre il bilancio delle vittime continua a salire nonostante il cessate il fuoco in corso.


Il funerale dei palestinesi che, secondo i medici, sono stati uccisi mercoledì durante l'attacco israeliano a Khan Younis, nella Sud di Gaza
(REUTERS)Cinque palestinesi, tra cui due bambini, sono stati uccisi mercoledì sera nel sud della Striscia di Gaza durante un raid israeliano, secondo quanto annunciato in un comunicato dall'ospedale da campo kuwaitiano situato nella zona di Al-Mawassi, a Khan Younès. Secondo la protezione civile di Gaza, un'organizzazione di soccorso che opera sotto l'autorità di Hamas, Israele «ha colpito con diversi missili le tende degli sfollati» nel territorio palestinese.
Lunedì 17 novembre, con 13 voti favorevoli e le astensioni di Cina e Russia, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha dato il via libera alla risoluzione presentata dagli Stati Uniti che approva il piano architettato da Donald Trump per portare la pace a Gaza. Il provvedimento autorizza la presenza di una forza internazionale per la stabilizzazione dell’area, il disarmo di Hamas, la protezione dei civili e la creazione di un corpo di polizia palestinese.
Questa risoluzione è stata però respinta da Hamas, perché “non soddisfa il livello delle richieste e dei diritti politici e umanitari del popolo palestinese”. Hamas ha aggiunto che "resistere all'occupazione con tutti i mezzi è un diritto legittimo”.
La sensazione è quella dello stallo. Anche se il 3 dicembre, inseguito dalle domande dei cronisti, Trump ha assicurato che la prossima fase del suo piano di pace per Gaza “sta procedendo e avrà luogo molto presto”. Dichiarazioni un po’ generiche, senza ulteriori dettagli. Intanto il presidente degli Stati Uniti ha telefonato al premier israeliano. Secondo un comunicato ufficiale, ”I due leader hanno sottolineato l'importanza e l'obbligo di disarmare Hamas e smilitarizzare la Striscia di Gaza, e hanno discusso dell'ampliamento degli accordi di pace”.







