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La stazione ferroviaria di Fastiv distrutta dall'attacco russo nella notte tra il 5 e il 6 dicembre.
La Russia non è più menzionata come «una minaccia diretta».
Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov plaude al nuovo approccio della Strategia di sicurezza nazionale degli Usa delineata in un documento dall’amministrazione di Donald Trump. La Strategia, che definisce le nuove priorità degli Stati Uniti, redarguisce l’Europa, ventilando addirittura il rischio di «scomparsa della civiltà», segnando di fatto una frattura fra gli Usa e i Paesi europei e nel contempo un avvicinamento di Washington a Mosca. Che, dal canto suo, sempre attraverso la voce di Peskov, afferma che i cambiamenti adottati sono in gran parte «coerenti» con la linea del Cremlino. E, per tutta risposta, sferra prontamente l’ennesima, pesante offensiva sul territorio ucraino.
La Russia «ha lanciato un attacco combinato contro infrastrutture critiche in Ucraina» utilizzando «5 missili balistici e 241 droni di vario tipo», ha dichiarato l’Aeronautica ucraina. I bombardamenti della scorsa notte seguono l’offensiva ancora più vasta e massiccia della notte precedente quando, in coincidenza della celebrazione di San Nicola, una giornata di festa in cui tradizionalmente i bambini ucraini ricevono i regali da Babbo Natale, centinaia tra droni e missili ipersonici Kinzhal si sono abbattuti sulle infrastrutture ferroviarie ed energetiche ucraine, con l’obiettivo di esasperare sempre di più gli animi della popolazione civile lasciandola senza luce e senza riscaldamento, in preda a continui blackout, mentre le temperature si abbassano e il rigore dell’inverno avanza in tutto il Paese.
Negli attacchi russi della notte tra il 5 e il 6 dicembre sono stati impiegati «oltre 650 doni e 51 missili», ha denunciato il presidente Zelensky parlando di bombardamenti a Dnipro, Chernihiv, Zaporizhzhia, Odessa, Leopoli, Volyn e Mykolaiv e nella regione di Kyiv.
A Fastiv, cittadina di 45mila abitanti dell’oblast di Kyiv, a 70 km dalla capitale, importante, strategico nodo ferroviario per la regione e per il resto del Paese, i bombardamenti durati per ore hanno bersagliato la rete ferroviaria. Un enorme scheletro bruciato è tutto ciò che resta dell’imponente stazione dei treni di questo centro urbano, la cui economia gravita in buona parte intorno alle ferrovie. «Abbiamo passato una notte spaventosa», racconta Irma Dzhaparidze, 32enne di Fastiv, sposata, con due figli. Mostra una foto di sua figlia, Milana, 7 anni, che dorme avvolta nelle coperte, nel bagno di casa, perché più riparato dal boato delle esplosioni. «Ma la cosa importante è che siamo vivi e salvi».
Agli attacchi, ai bombardamenti, alla distruzione non ci si abitua. Ma si trovano delle forme di resistenza. E spesso ci si affida alla solidarietà, allo spirito di servizio che, nelle emergenze, è una strada per andare avanti attraverso la condivisione, lo stare insieme, aiutandosi a vicenda. E’ quello che hanno fatto Irma e suo marito Serhii Papusha, 37 anni. «Durante la notte, subito dopo le esplosioni, Serhii è corso alla stazione, ma non lo hanno lasciato passare perché andava tutto a fuoco. Ma ieri mattina presto siamo andati a comprare da mangiare, abbiamo preparato in casa panini, tè e caffè caldi, acqua e biscotti, abbiamo recuperato i thermos e, con altri amici, siamo andati alla stazione, tutto il giorno, per distribuirli alle tante persone e ai volontari impegnati a portare via le macerie e ripulire tutta l’area colpita». La notte scorsa, riferisce Irma, Fastiv ha subìto nuovi attacchi, sempre sulla rete ferroviaria. «Ma so che tutto andrà bene», aggiunge lei, con uno sguardo di speranza.
Al Centro caritativo domenicano San Martino de Porres, a pochi minuti di distanza dalla stazione ferroviaria di Fastiv, in molti, bambini, anziani, persone con fragilità, hanno trascorso la notte dei bombardamenti nel rifugio, affidandosi alla preghiera insieme al direttore del Centro padre Mykhailo Romaniv. «Per fortuna siamo tutti vivi», racconta il sacerdote, che era appena rientrato da una missione umanitaria a Cherson, sul fronte meridionale, dove lui e i volontari hanno distribuito pacchi natalizi agli abitanti rimasti e donato regali ai più piccoli. «Nel rifugio c’erano bambini di 4 anni, c’era Vira, una signora di 85 anni di Sumy che ha perso la sua casa e vive qui da noi, così come altre persone che all’inizio della guerra sono state sfollate da Zaporizhzhia, Melitopol, Kherson e sono state accolte nel nostro Centro. E questa gente continua a rivivere la sofferenza che hanno vissuto a casa loro. E’ un dramma che riguarda tutta l’Ucraina, che continua a colpire migliaia e migliaia di persone in tutto il Paese».
E aggiunge: «Ieri pensavamo di celebrare la festa di San Nicola con i nostri bambini. Il nemico, che non vuole la pace, ci ha rovinato la celebrazione. Tuttavia, la festa con i bambini non è stata annullata, è solo rimandata».







