Ha parlato la Chiesa, ha parlato Confindustria. È, di nuovo, intervenuto il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, mentre alla Cassazione si depositavano un milione e duecentomila firme di cittadini per abrogare il “porcellum”. Cioè quel sistema elettorale che ha espropriato i cittadini del diritto di eleggere i propri rappresentanti, affidandolo ai segretari di partito.
Il presidente della Repubblica, vero uomo delle istituzioni, ha ripreso in mano le redini di un Paese sfilacciato. Dopo un severo richiamo all’unità d’Italia e contro la secessione e un’inesistente nazione del Nord. E ha sottolineato la necessità di una nuova legge elettorale, che ripristini la fiducia della gente nella politica. Mai così in basso.
È ciò che anche il presidente dei vescovi italiani, cardinale Bagnasco, ha chiesto di recente, nella sua prolusione al Consiglio permanente. È arrivato il momento della verità. L’Italia è alle prese con una crisi “vasta” e “devastante”. Nasconderla non giova al Paese. Nonostante lo zelo di servi e cortigiani che si spendono per “soccorrere” chi ha perso di vista il “bene comune” a vantaggio di interessi personali e privati. La situazione è troppo grave per non essere presa sul serio.
Le famiglie sono allo stremo. I giovani guardano al futuro con crescente preoccupazione. L’inflazione, mai così alta negli ultimi anni, erode stipendi e potere d’acquisto di chi fa fatica a mettere anche il cibo sulla tavola. Quattro Manovre finanziarie, nel giro di poche settimane, non sono riuscite a dare un minimo di serenità al Paese. Nel mese di agosto, i costi dei mutui sulla casa sono aumentati del 10 per cento.
Ma non si vedono all’orizzonte soluzioni, né risposte. L’Italia è una nave senza timoniere, in un mare in tempesta. Il potere, arroccato nei Palazzi, si consuma tra litigi e faide. Non ha coscienza dei drammi della gente e dello sfascio del Paese. Se «togli il diritto», ha ricordato Benedetto XVI, nel suo recente viaggio in Germania, citando sant’Agostino, «nulla distingue lo Stato da una grande banda di briganti». Il “disperato ottimismo” di chi è abbarbicato al potere è un danno al Paese e un freno alla crescita. Ma anche un insulto alle famiglie in difficoltà. O a chi denuncia corruzione e comitati d’affari, che devastano la vita sociale e politica.
L’appello del cardinale Bagnasco a “purificare l’aria”, che si aggiunge a tanti altri “avvisi al navigante”, non va lasciato cadere nel vuoto. Tanto meno stemperato da solerti “pompieri”, anche di una parte del mondo cattolico, eccessivamente indulgente nei confronti di comportamenti e stili di vita licenziosi, in contrasto col decoro delle istituzioni. E, soprattutto, col Vangelo. Siamo al limite. Oltre c’è solo il baratro di un Paese alla bancarotta. L’appello alle forze sane della società civile è quantomai urgente. In prima fila i cattolici, perché tornino, seriamente, a fare politica. Quella “alta” del servizio ai cittadini e al bene comune.
Il presidente della Repubblica, vero uomo delle istituzioni, ha ripreso in mano le redini di un Paese sfilacciato. Dopo un severo richiamo all’unità d’Italia e contro la secessione e un’inesistente nazione del Nord. E ha sottolineato la necessità di una nuova legge elettorale, che ripristini la fiducia della gente nella politica. Mai così in basso.
È ciò che anche il presidente dei vescovi italiani, cardinale Bagnasco, ha chiesto di recente, nella sua prolusione al Consiglio permanente. È arrivato il momento della verità. L’Italia è alle prese con una crisi “vasta” e “devastante”. Nasconderla non giova al Paese. Nonostante lo zelo di servi e cortigiani che si spendono per “soccorrere” chi ha perso di vista il “bene comune” a vantaggio di interessi personali e privati. La situazione è troppo grave per non essere presa sul serio.
Le famiglie sono allo stremo. I giovani guardano al futuro con crescente preoccupazione. L’inflazione, mai così alta negli ultimi anni, erode stipendi e potere d’acquisto di chi fa fatica a mettere anche il cibo sulla tavola. Quattro Manovre finanziarie, nel giro di poche settimane, non sono riuscite a dare un minimo di serenità al Paese. Nel mese di agosto, i costi dei mutui sulla casa sono aumentati del 10 per cento.
Ma non si vedono all’orizzonte soluzioni, né risposte. L’Italia è una nave senza timoniere, in un mare in tempesta. Il potere, arroccato nei Palazzi, si consuma tra litigi e faide. Non ha coscienza dei drammi della gente e dello sfascio del Paese. Se «togli il diritto», ha ricordato Benedetto XVI, nel suo recente viaggio in Germania, citando sant’Agostino, «nulla distingue lo Stato da una grande banda di briganti». Il “disperato ottimismo” di chi è abbarbicato al potere è un danno al Paese e un freno alla crescita. Ma anche un insulto alle famiglie in difficoltà. O a chi denuncia corruzione e comitati d’affari, che devastano la vita sociale e politica.
L’appello del cardinale Bagnasco a “purificare l’aria”, che si aggiunge a tanti altri “avvisi al navigante”, non va lasciato cadere nel vuoto. Tanto meno stemperato da solerti “pompieri”, anche di una parte del mondo cattolico, eccessivamente indulgente nei confronti di comportamenti e stili di vita licenziosi, in contrasto col decoro delle istituzioni. E, soprattutto, col Vangelo. Siamo al limite. Oltre c’è solo il baratro di un Paese alla bancarotta. L’appello alle forze sane della società civile è quantomai urgente. In prima fila i cattolici, perché tornino, seriamente, a fare politica. Quella “alta” del servizio ai cittadini e al bene comune.


