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Arianna Fontana e Federico Pellegrino per Milano, Federica Brignone e Amos Mosaner per Cortina. Sono le coppie di atleti azzurri scelti per fare i portabandiera dell'Italia nelle cerimonie di apertura dei Giochi invernali il prossimo 6 febbraio.
Federica Brignone, 35 anni, sci alpino, Amos Mosaner, 30, curling; Arianna Fontana, 35, short track, Federico Pellegrino, 35, sci di fondo. Sono i quattro nomi scelti come portabandiera di Milano Cortina 2026. Due sfileranno a Milano, due a Cortina, è la novità della prima Olimpiade invernale diffusa della storia.
Quattro volti, quattro nomi, semplicemente perfetti, non come singoli (Sofia Goggia avrebbe meritato altrettanto), ma come criterio di fondo. Perché mescolano con perfetto equilibrio ghiaccio e neve, perché combinano città e montagna, vette e fondovalle, discipline sotto i riflettori e sport nell’ombra, ma soprattutto perché, per la storia sportiva che hanno, che il nostro amico e collega di lunghissima esperienza olimpica, Gian Paolo Ormezzano, scomparso un anno fa, avrebbe definito «spessa».
Aggettivo appropriatissimo: "spessa” è più di “lunga”, e più di “ricca”, è un insieme delle due cose: dice dell’esperienza anagrafica, tutti ne hanno, ma anche dello spessore della carriere alle spalle.
Federica Brignone ha vinto più di qualsiasi altra donna nella storia dello sci alpino, in polivalenza e continuità, se la giocava alla pari con Sofia Goggia (che aveva l’oro olimpico che Brignone non ha, e che era già stata scelta a Pechino, dove però in recupero da un infortunio ha dovuto rinunciare alla cerimonia d’apertura per privilegiare la gara, ripiegando sulla chiusura), ma l’esserci qui, per Federica, ha un valore simbolico che va oltre il computo delle medaglie: dice della determinazione, della fatica del dolore, dei tratti di disperazione che ha affrontato negli ultimi 260 giorni, da quando cioè ha patito, a fine della scorsa stagione fresca di tre Coppe di cristallo compresa la generale, un infortunio plurimo e drammatico che ha rischiato di farle lasciare per sempre le piste in pezzi. I prossimi due mesi saranno di intensissimo lavoro per ritrovare la forma migliore, ma è quello che ha fatto in pista o oltre la pista nel 2025 ad averle fatto onorare anche oltre il richiedibile la bandiera che porterà.
Arianna Fontana sul ghiaccio del Palavela di Torino 2006, dove già fu bronzo in staffetta, era una mascotte. È ancora qui, a dispetto di uno sport che è una vera mischia, e in mezzo ha messo tante medaglie (11 solo ai Giochi olimpici) da far concorrenza alla parata del 2 giugno, se del caso dimostrando al mondo che per vincere tanto serve carattere, a costo di rischiare di farsi dire che è un carattere difficile. (Si discuterà se sia giusto dare l’onore della bandiera due vole alla stessa persona – Fontana l’aveva già portata a PyeongChang 2018 – darla a Goggia al posto suo sarebbe stato impossibile, non solo perché avrebbe voluto dire raddoppiare lo sci alpino femminile di velocità a Cortina, triplicare la neve e sacrificare il ghiaccio, ma perché c’era da coprire San Siro, in giornate che vedranno Goggia già impegnata in allenamenti e prove a Cortina).
Amos Mosaner, pur avendo medaglie europee e mondiali alle spalle, era quasi nessuno per i più quando a Pechino 2022 ha vinto l’oro nel curling in coppia con la giovanissima Stefania Constantini, ma solo perché certi sport sono per il grande pubblico solo bisestili.
Ma per arrivare lì Mosaner ha lavorato nell’ombra di una disciplina che l’Italia ha scoperto a Torino 2006, accogliendola con passione, e assitendo con fascino e curiosità a un gioco di balistica sul ghiaccio di pomi di pietra e manici di scopa. Uno sport, che a dispetto dell’apparenza richiede un sacco di doti atletiche e una mente solidissima, ma che cala nell’ombra per riemergerne a cadenza bisestile in coincidenza con i Giochi. Mosaner non solo ci ha aiutati a conoscere questo mondo, ma ha saputo reggere la pressione che si prova stando sotto i riflettori solo negli anni olimpici. È il difficile che si aggiunge al difficile a volte incompreso della storia di questo sport.
Federico Pellegrino, che ha annunciato il ritiro per il 2026, è da un decennio una certezza solidissima dello sci di fondo mondiale, disciplina che più di tutte patisce la concorrenza dei feudi del Grande Nord.
Con predilezione per la sprint ha tecnica libera Pellegrino ha nel carniere due argenti olimpici nella sprint nelle due tecniche (2018 e 2022), sette medaglie mondiali e due Coppe del mondo, senza contare il resto e la cosa interessante è che è cresciuto con il tempo, dando il suo meglio nelle stagioni della maturità.
Questo spessore di fondo, nel mix di equilibri che costringe a privilegiare alcuni aspetti e a sacrificarne altri, rende perfetta la scelta degli alfieri, non solo perché la bandiera è un riconoscimento importante per chi ha dato tanto, ma perché solo a chi ha dato già tanto, a chi ha già tanti ori e allori alle spalle, l'onore può fare l’effetto di un incentivo in più senza tramutarsi in un onere insostenibile. Questi quattro fenomeni potranno godersi la cerimonia e l’onore ricevuto, avendo già dimostrato tutto, sapendo che quello che daranno in più, dal giorno dopo in gara, sarà un regalo loro a noi. Non un debito per loro aggravato da una bandiera prematura.
Dal giorno dopo andranno tutti in gara con la carica al 100% e il cuore “leggero”, o almeno non gravato dal peso di dovere onorare la bandiera a ogni costo, semplicemente perché lo hanno già fatto, per come ci sono arrivati.








