Roberto Benigni, il suo Cantico dei Cantici... non è una cover! (foto Ansa)
“O voi ch’avete gli intelletti sani, / mirate la dottrina che s’asconde / dietro al velame de li versi strani” (Dante). Il “Cantico dei cantici” non nomina di Dio, eppure parla solo del suo amore per Israele e per l’umanità. Dove, esattamente? Nel “tempo del canone”: nell’essere cioè collocato tra gli “scritti” o tra “i rotoli” destinati alla lettura liturgica. Se quel testo (chiunque l’abbia scritto o in qualunque tempo sia stato scritto) è “ispirato da Dio”. E qui comincia il bello. Chi decide dell’ispirazione? Chi ha potuto accogliere nel canone ebraico un poema sull’amore di una donna e del suo uomo, giudicando così della sua “sacralità”, come fosse un dono di Dio per meglio parlare di sé, auto rivelandosi, auto comunicandosi con “quelle parole”.
Il linguaggio è figurato, pieno di metafore e di similitudini. Pertanto, il senso va cercato non “fuori da quelle parole” (che dovrebbero avere significati diversi dalla loro lettera), ma “dentro quelle parole”, ridondanti sensualità ed erotismo, nella descrizione piena di meraviglia della bellezza dei corpi, maschile e femminile, e della trascendenza divina dell’amplesso sessuale. “Lettera e allegoria” devono stare insieme, mai separate.
Un cattolico “consapevole” non dovrebbe scandalizzarsi per questa elevazione sublimante della cosa “più carnale che c’è al mondo”, l’amplesso sessuale. Si sa, per esempio, che il matrimonio indissolubile, celebrato in una chiesa cattolica, è tale solo se viene consumato, diversamente potrebbe essere riconosciuto nullo, mai esistito. Il sesso come cosa sporca e impura, non è un tema per la rivelazione di Dio. Anzi, l’alterità - diversità sessuale parla di Dio e dell’immagine di Dio nella quale l’uomo fu creato, secondo l’insegnamento di Genesi: maschio e femmina lo creò. L’uomo è un essere umano nella sua carne e nel suo essere maschio-femmina: ish = maschio, uomo, si traduce letteralmente “puntato” e indica il genitale maschile, così come anche issah= donna si traduce letteralmente “concava”. Se nella poesia d’amore del Cantico dei cantici tutto è simbolo di eros, di attrazione sensuale, di impatto sessuale è perché - nell’interpretazione del testo come ispirato - tutti i simboli erotici messi in gioco per raccontare della ricerca, dell’assenza, della perdita e del ritrovamento dell’amato, parlano di amore e perciò di Dio: qui eros parla solo di amore, cioè di dono infinito per la gioia (che comporta tutto il piacere de mondo) e non di possesso allo scopo del piacere (che non realizzerà mai la gioia). Insomma, l’eros del Cantico parla di immedesimazione di sé nell’altro attraverso l’unione e non di dominio.
Cantico dei Cantici, il significato di coppia: vi spieghiamo perché Benigni non fa una cover della Bibbia...
Dentro queste semplici, ma essenziali considerazioni, è ovvio che il testo “costruito” e poi “declamato” da Benigni non è più, obiettivamente, il testo del Cantico dei cantici, come d’altronde egli stesso ha precisato: “cosi come lo canterò io non lo troverete nella Bibbia”. Non lo sarebbe stato comunque, anche qualora avesse preso il testo come si trova attualmente tradotto nell’attuale Bibbia. Perché? La questione seria è l’interpretazione: dire che “quel rapporto d’amore della coppia”, vale per tutte le coppie (uomo e uomo / donna e donna) è l’opinione del Clown. Ci creda o no davvero, che l’abbia detto perché “costretto” dal pensiero dominante dell’ideologia gender, non è un problema. La questione seria è che in questo modo ha dato una chiave di lettura del testo che non si trova per nulla nel Cantico dei cantici e snatura totalmente il testo.
La sua non è stata perciò una cover - per quanto libera nella interpretazione - ma un “nuovo testo”. Se l’interpretazione di Benigni, infatti, non è stata una fakenews, cioè una balla inventata del tutto - poiché è vero che quel testo è stracarico di simboli erotici e parla dell’amore carnale-, è certamente una post-verità, cioè non dice tutta la verità e, non dicendola tutta, non la dice e basta, finché eros se ne va girovagando lontano d’amore. «Quando sono ubriaco sulla scena eseguo senza precisione dei movimenti che solo la precisione giustifica e cado nell'errore più penoso che un clown possa fare: rido delle mie stesse trovate (Heinrich Böll).
Benigni non era ubriaco e non ha riso della sua trovata. Anzi era troppo composto anche nel ricevere i saluti finali, già immaginando il tormentone che avrebbero creato le “sue parole”. Ha solo tentato una sua operazione artistica, la cui genialità non può patire giudizi moralistici di sorta. Forse il Clown avrebbe raggiunto lo scopo di comunicare quello che voleva (“ritorniamo all’amore, all’amore vero, all’amore come luogo in cui il mistero si svela e pacifica tutti i rapporti umani, ritorniamo all’unico capolavoro della vita che rende la vita degna di essere vissuta, l’amore; ritorniamo, perché in giro se ne vede poco”), interpretando, con le stesse parole delle canzoni sanremesi, una lettera di Amore a Eros, perché Eros ritorni ad Amore.
È questa l’opinione di un altro Clown, mandata per conoscenza anche a Benigni, come umile proposta per la prossima volta, potendola accettare come un “dono” di amicizia.
Nek canta l'amore: «Se non ami, non ti ami non ci sei; se non ami non hai il senso della cose più piccole e non serve a nulla scalare le montagne, costruire grattacieli, comprare tutto ciò che si vuole» (foto Ansa)
Lettera di Eros ad Amore
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Caro Eros,
desideravo scriverti da tempo, proprio dal tempo in cui ti sei definitivamente separato da me. Spero di trovarti nel pieno delle tue passioni, dei tuoi moti amorosi, delle tue turbe cardiache. Ti penso spesso nel mio quotidiano, specie quando mi rendo conto del disordine che regna ormai sovrano nel mondo e ti fa sentire vivo, eccessivamente attraente. Tutti sembrano pazzi di te. Forse, è meglio dire, “pazzi per te”. È strano però che si faccia tanta fatica a nominarti. Parlano di te e ti chiamano con un altro nome.
Andando in giro, per non so più quale città, ho intravisto la pubblicità di un nuovo film in Occidente: “Tutti pazzi per il sesso”. Per il Sesso? E com’è possibile! Quando sei venuto a lamentarti, mi hai detto che il sesso è banale, meccanicamente monotono, semplicemente incapace: insomma, “non ce la fa”, non riesce a starti dietro. Sei troppo creativo tu, nella tua immaginazione, arrogante nella tua prepotenza, irrefrenabile nella tua fantasia. Sarà questo il motivo della frustrazione globalizzata che coglie gli esseri umani e li rende tanto irrequieti. E come se si trovassero davanti a un rebus irrisolvibile: tu sei una forza prorompente di autotrascendimento verso l’altro – sei fatto così, spingi sempre oltre- e il sesso, invece, cerca il proprio piacere nel cerchio chiuso del possesso. Per non dire che tu sei dinamismo inesauribile in tutti e lui è - almeno nel maschio - solo un muscolo caduco, precario, spesso inconcludente. Perciò, la vostra alleanza senza di me è un patto scellerato che rende voraci e insoddisfatti, frustra nell’animo e costringe a cercare additivi supplementari: che sia viagra o pornografia, poco importa. Conta, invece, il fatto - il dato di fatto- che io non circolo più facilmente tra le persone.
Eppure gli uomini “sono fatti per amare”, sono fatti per me, per l’amore.
Ho ispirato io quella canzone di Nek: “se non ami, non ti ami non ci sei; se non ami non hai il senso della cose più piccole e non serve a nulla scalare le montagne, costruire grattacieli, comprare tutto ciò che si vuole”. Solo l’amore rende felici e dona gioia. Anche tu lo sai. Per questo, spesso, ti fai chiamare come me, per abbagliare con i tuoi lampi e accecare con i tuoi allucinogeni. Ti sei inventato l’amore romantico, l’amore come incantamento, fumo negli occhi che svanisce in un istante di vita troppo velocemente, lasciando nella prostrazione: Sturm und Drang, impeto e assalto, ben espresso nella metafora di un fuoco di artificio, bello, intenso, affascinante e senza durata, con i rischi che comporta e quella strana puzza insopportabile che le sue polveri velenose lasciano nell’aria. Nello stesso tempo ti sei inventato pure l’amore cinico, quello che schiavizza e non rende libero, sia per gelosia o per troppo soffocante amore, che fa dell’altro un oggetto, merce di consumo, da gettare via o allontanare, a proprio piacimento e interesse, e tutto trasforma in uno specchio, in cui guardare solo e sempre la propria faccia. E oggi giorno ti sei mischiato con la tecnocrazia imperante, approfittando di nuovi strumenti come la “realtà aumentata”, per creare l’amore virtuale, questa variazione disarmonica dello stesso vecchio tema, l’avvilente autoipsazione che fa sprofondare in una più grande vertiginosa solitudine.
Questo non posso proprio sopportare, Eros: ti sei allontanato da me e ti nascondi dietro il mio nome. Io però, assolutamente, non sono cinico, anche se a tratti posso essere romantico, mai virtuale. Sono Amore e basta: dono che vive nel dono, esclusivamente nel dono. E vorrei aggiungere che non sono mai stato platonico, sempre corporeo, “incarnato”.
Le forme in cui mi esprimo tra gli uomini attraversano le fibre più profonde del corpo umano, perché risiedo nella loro anima e costituisco, per ogni persona, l’altezza della dignità, la larghezza del cuore, la bellezza dei volti, la luminosità di un sorriso e la gioia della vita. Esisto come vero amore nel rapporto coniugale, in quello fraterno, in quello amicale e in quello solidale. In tutti sono sempre “apertura”, abnegazione, attesa speranzosa, perdono, impegno per l’altro, legame duraturo. Parlo il linguaggio del “per sempre” e dell’esclusività che compie il miracolo di integrare l’altro in una relazione pacificante. Insomma vivo della verità di me, che, in me, è ordine, logos.
D’altronde ti capisco, non hai mai accettato quell’aspetto di me che avrebbe potuto mettere ordine nel tuo essere: la mia pacificante armonia l’hai sempre sopportata come fosse una prigione.
Caro Eros, non prenderla come se questa mia fosse una missiva di rimprovero. Voglio solo ragionare con te: farti ragionare. Certo - potresti dirmi – “vieni proprio tu a parlarmi di ragione! Tu che, per antonomasia, nella storia dell’uomo, sei sempre stato al di sopra della ragione, risiedendo nel cuore”. E come darti torto. C’è però chi sostenne – mi pare Pascal- che anche “il cuore ha le sue ragioni”. Le ragioni del cuore sono la verità dell’amore, quella stessa che – se restassi indissolubilmente legato a me – tu stesso potresti riconoscere e vivere. Perciò ti ho scritto con tutta la schiettezza possibile e desidero ragionare con te e farti ragionare.
Tu sei conosciuto come il “dio” dell’amore fisico e del desiderio carnale, colui che fa muovere una cosa verso un’altra, una forza che spinge verso la bellezza. Tuttavia, non c’è bellezza senza verità e la verità della bellezza è l’amore che sa splendere più nella luce degli occhi che non nella formosità dei corpi.
E allora, dimmi: senza di me, con quale bellezza attrai tu gli esseri umani?
“Si, ma quale bellezza?” Non fu questa la domanda ultima di Ippolit - il giovane nichilista morente - al principe Miskin, piegato al suo capezzale, dopo che i due stabilirono che “solo la bellezza salverà il mondo”? È forse la bellezza che seduce, sconvolge, inquieta, stravolge i sentimenti, produce le ferite dell’abbandono, se non addirittura la violenza sull’altro, a salvare il mondo? O non piuttosto la bellezza che “diletta” per la semplicità, la tenerezza, la dolcezza, la sicurezza, l’armonia dei sentimenti e l’intelligenza nei progetti comuni.
Proprio questa bellezza che “prende fuoco” nella dedizione, fino al dono di sé per la vita e per la morte, salverà il mondo. Salverà le persone dalla catastrofe dell’angoscia in cui le stai gettando in questi “usi postmoderni del sesso” (Z. Bauman) che ti sei inventato, da quando ti sei separato definitivamente da me.
L’amore salverà il mondo e questa sarà la bellezza. “L’amore è nel sorriso quando incontri la bellezza” (Amara). Nel sorriso, Eros, non oltre. Non va oltre perché non c’è bisogno! Quanto amore in un sorriso! Hai mai visto un sorriso, un sorriso vero? Forse no. Per questo pensi che non ti possa bastare. Il sorriso di chi incontra la bellezza è pieno zeppo di amore: di amore che trabocca, di amore non arginabile!
Eros, non volermene se - concludendo - torno di nuovo a battere sullo stesso punto: il tuo non è amore! Tu sei passione, coinvolgimento, slancio, entusiasmo, trasporto, eccitazione. Io sono semplicemente amore: sono semplice io, perché ordinato, vivo di una “rectitudo” che è la mia verità bella e giusta. E l’impossibile diventa reale: tanto più sono ordinato a servire me stesso, tanto più dilato gli spazi dell’amore, oltrepasso ogni rigidità, riscaldo gli affetti e faccio gioire chi mi accoglie. Nessun possibile narcisismo attenta la mia verità: più sono me stesso e più mi dono, sono dono per natura, se vuoi proprio “per istinto”. L’ordine/rettitudine libera la mia identità e mi permette di essere me stesso, in modo vero, autentico, perfetto, impeccabile: sono semplice perché disinteressato e non ho bisogno di nulla per arricchirmi, per gonfiarmi, per sentirmi importante. Io basto a me stesso, e non perché sono auto-referenziale, ma perché, più di quanto sono, non posso essere.
Ragiona con me, amico Eros. Ti diverte vedere crescere l’orgoglio e la prepotenza dei tuoi figli? Pensi sia questo il modo di educarli? Dovresti anche un po’ vergognartene. Dove ci sei tu regna e regnerà sempre il caos, e mi dispiace dirtelo in maniera sì dura ma, se non ti dai una regolata, se non metti un po’ d’ordine tra le tue cose, andrà sempre peggio per gli esseri umani.
Con questa lettera non volevo “farti la morale” e soprattutto non era mia intenzione tediarti: ho inteso invitarti a ragionare, perché oggi c’è tanto bisogno di pensare. È una sacrosanta verità che si ama con il cuore. Tuttavia gli esseri umani non sono fatti a compartimenti stagni. Sono un tutto organico: se amano con il cuore, non possono farlo se non abitando la loro intelligenza; e se ragionano con la testa, non potranno mai farlo senza affetti, emozioni e sentimenti. Lo sai che esiste l’intelligenza emotiva e ogni immaginazione creativa è straricca di ragionamenti?
Non ti dico null’altro. Perdonami l’invadenza. Manifesto una speranza: oh! se tu potessi ritornare definitivamente da me e in me stabilissi la tua casa, potresti vivere e far vivere d’amore. Attendo amabilmente di ricevere presto tue notizie,
Ti abbraccio,
Amore