Leggendo il brano evangelico della prima domenica di Avvento, ci troviamo alle soglie dell’ultima Pasqua terrena di Gesù. Siamo a Gerusalemme, nel cortile del Tempio. Il clima è estremamente teso a causa dell’or- mai incandescente conflittualità con i capi del popolo e l’esito della vicenda è ormai chiaro. In questo contesto che sa di dramma, di conflitto e di morte imminente, Luca colloca un lungo discorso dai toni apocalitti- ci in cui tratta la fine delle cose con i drammi che l’accompagnano, offrendo una prospettiva per in- terpretarli e affrontarli.
Sono due i poli su cui si articolano le parole profeti- che e di ammonizione di Gesù: la storia e la venuta del Signore. Alla prima è dedicato un ampio spazio narrativo nel quale si riflette principalmente l’esperienza del- la comunità cristiana e in cui risuonano i grandi eventi storici di quel tempo. Troviamo infatti persecuzioni, falsi profeti, conflitti familiari, guerre, cataclismi, fino alla distruzione di Gerusalemme. Un panorama impressionante di devastazione e distruzione fatto di crolli materiali, morali, sociali e spirituali. Ma non è altro che lo scorrere della storia con i suoi decadimenti, quelli causati dall’uomo e quelli legati alla caducità della natura, poiché il dramma accompagna tutto lo svolgersi delle vicende umane.
In questo angosciante rovinare delle cose, ecco però l’altro polo del discorso: nel bel mezzo dello sconvolgimento cosmico viene il Figlio dell’uomo. L’immagine, presa in prestito da Daniele 7,13, racconta l’attesa delle prime comunità cristiane che speravano nell’imminente, improvvisa e folgorante apparizione del Risorto (la cosiddetta parusia = manifestazione) a metter fine alla storia e inaugurare il tempo finale di pace e giustizia. La prospettiva guarda alla fine dei tempi e il riferimento è alla venuta definitiva del Signore, ma i riferimenti agli avvenimenti storici che abbiamo evidenziato sopra, chiedono di considerare anche il tempo in cui si è immersi come spazio stabilmente abitato dal Signore, un luogo in cui continuamente incontrarlo mentre si fa incontro.
D’altra parte, Luca ha particolarmente a cuore la sottolineatura dell’«oggi» della salvezza (due esempio tra i tanti del suo Vangelo: nella casa di Zaccheo e sulla croce con il ladro pentito). L’«oggi» di ciascuno è segnato dal passaggio del Signore, paradossalmente proprio in mezzo ai crolli, il che interpella e chiede di assumere atteggiamenti precisi. Luca invita coloro che sperimentano la venuta del Signore in mezzo ai drammi del loro tempo a raddrizzarsi, a sollevare la testa, a rimettersi in piedi. La posizione di chi è vivo, di chi è libero, di chi è pronto a camminare, di chi è disposto a lavorare, di chi fronteggia con determinazione ciò che gli accade attorno. La sua venuta è una chiamata di liberazione, in special modo per chi è oppresso, inseguito dalla morte e dal disfarsi delle cose, materiali e non. In ogni occasione in cui avviene il ribaltamento della morte in vita e dell’oppressione in libertà il Signore viene.