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giovedì 23 marzo 2023
 

Domenica 18 luglio 2021 - VIII Domenica dopo Pentecoste

Dopo la storia di Giosuè la Bibbia racconta quella dei Giudici. Il libro biblico che ne narra le gesta è forse quello che ha la reputazione più negativa, a causa della violenza che contiene (nei primi versetti si racconta di un re che aveva amputato i pollici e gli alluci a settanta nemici), delle guerre e battaglie narrate (praticamente in ogni capitolo), di storie che sembrano inverosimili (al cap. 9 anche gli alberi parlano) o esagerate (al cap. 15 Sansone uccide mille uomini con una mascella d’asino). È un libro, insomma, del quale alcuni farebbero volentieri a meno, mentre altri si chiedono perché venga proposto alla lettura dei cristiani nella liturgia.

Senza entrare nelle questioni riguardanti l’identità dei “giudici” – che, a dispetto del nome e del suo significato corrente nella nostra lingua, non avevano una funzione giurisdizionale, ma erano capi carismatici di una tribù – ciò che caratterizza il libro che ne parla è la teologia chiamata “deuteronomistica”, dall’ultimo libro della Torà, il Deuteronomio.

In tempo di Covid-19 sappiamo che quando si abbassano le difese immunitarie un virus prevale nel corpo, e nella lettura religiosa e di fede del libro dei Giudici si dice che ogni volta che Israele si allontana da Dio prevalgono i nemici. La teologia del libro dei Giudici descrive il continuo ripetersi di questo fenomeno, attraverso uno schema ciclico: Israele abbandona il Signore; gli Israeliti sono consegnati da Dio nelle mani dei nemici; Israele invoca Dio; Dio suscita un giudice per liberare il popolo. Subito dopo, si riprende da capo, a dimostrazione che Israele fatica ad a“ffidarsi al Signore. Qualcosa di analogo si trova nella pagina del Vangelo di oggi, che si spiega a partire da quanto si trova appena qualche versetto avanti, con il terzo annuncio, da parte di Gesù, della sua passione, morte e risurrezione. Anche in questo caso, tutte e tre le volte che Gesù annuncia la sua dipartita a Gerusalemme (Marco 8,31; 9,31; 10,33), subito dopo avviene qualcosa che mostra la fatica di comprendere e accogliere il suo proposito: Pietro riˆfiuta le parole di Gesù e diventa «Satana» (8,33), i discepoli disputano su chi sia il più grande (9,34), e ora, nella pagina odierna, due di essi chiedono di avere un posto di riguardo al ˆfianco del Messia. La risposta del Signore, con la quale manifesta la sua autocoscienza, è disarmante e ricca di sapienza: Gesù ha previsto per sé una fiˆne violenta (come quella dei profeti), attribuendovi un valore unico, per la nostra salvezza, ed è questo il suo prezioso servizio, la sua diaconia.

Da queste letture viene un invito a tutti noi. In primo luogo, se ascoltassimo di più le parole di Dio, non commetteremmo sempre gli stessi errori, in cui incorrono anche le tribù di Israele e i discepoli di Gesù. In secondo luogo, impariamo che la vita vale solo se è a servizio di Dio (e non degli idoli, come si vede nel libro dei Giudici) e degli altri. Da qui la “grandezza” a cui aspirare: non quella dei primi posti, ma quella dell’amore.


15 luglio 2021

 
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