Il vangelo secondo Giovanni ci offre oggi una pagina bellissima, quella del dialogo di Gesù con Nicodemo. Nakdimon, in ebraico, Nikòdemos in greco, doveva essere un personaggio eminente nella comunità di Gerusalemme. Forse si potrebbe identifi care con Nakdimon ben-Gurion, conosciuto negli scritti giudaici come un commerciante facoltoso, che svolgeva un ruolo di primo piano nel Sinedrio. Siamo a Gerusalemme, e durante la festa di Pasqua Gesù incontra quest’uomo importante, che rappresenta un ebraismo aperto, che si interroga; anche se il fariseo Nicodemo si reca di notte da Gesù, lo riconosce però come un maestro: lo chiama «Rabbì», e lo ascolta.
Al suo andare di notte da Gesù potremmo dare varie spiegazioni. Ma in lui possiamo ritrovarci tutti, nella fatica di cercare una risposta alle nostre domande, magari quelle più nascoste e che solo col tempo vengono alla luce. Infatti, Nicodemo comparirà non solo qui, ma anche al capitolo settimo, quando prenderà le difese di Gesù, e l’ultima volta alla fine del Vangelo, quando aiuterà Giuseppe d’Arimatea a seppellire il corpo del Signore (Giovanni 19,39). Il dialogo è costruito intorno a tre interventi da parte di Nicodemo (un’affermazione e due domande), che sono l’indice di una ricerca, e tre risposte, sempre più complesse, con le quali Gesù cerca di elevare progressivamente il suo interlocutore. La prima risposta di Gesù riguarda il rinascere dall’alto.
Di uno Spirito «dall’alto» parla anche la lettura di Isaia, in un oracolo riguardante quel dono che, infuso sui credenti, segnerà un nuovo inizio: dopo i guai annunciati per Gerusalemme, dovuti ad alleanze sbagliate con l’Egitto (capitoli 2931), finalmente ritornerà la pace. Ugualmente, Paolo nella Lettera ai Romani scrive che «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato». Ma tornando a Nicodemo, cosa voleva dirgli Gesù invitandolo a rinascere dall’alto? Intanto, si tratta di una risposta alla domanda che il fariseo gli pone sulla sua identità: per conoscere il mistero della persona di Gesù non basta “sapere” cose («Sappiamo che sei venuto come maestro…»): è necessario lo Spirito. Solo lo Spirito, infatti, permette di rinascere anothen, cioè, in greco, «dall’alto», o anche «di nuovo»; allo Spirito, poi, Gesù associa anche l’acqua: «Se uno non nasce da acqua e Spirito». Si può discutere se qui ci sia già un’allusione a quello che sarà il Battesimo cristiano, e se è certo che questo testo farà da sfondo alla pratica della comunità cristiana, Gesù vuol dire che solo grazie alla potenza di Dio si può nascere un’altra volta.
Abbiamo tutti bisogno di ricominciare: dai fallimenti, dagli errori, dalle relazioni interrotte, e Gesù ci sprona a sperare nella potenza dello Spirito e dell’acqua che lava i peccati. Spirito e acqua agiscono al di là di quanto possiamo comprendere, molto più di quanto possiamo sperare. E non si tratta solo di attendere la rinascita della risurrezione, ma di chiedere a Dio, con umiltà, di intervenire per noi adesso, già ora.