Il Vangelo di Giovanni è divisibile in due grandi sezioni: la prima che va dal Prologo fino a tutto il dodicesimo capitolo, nella quale sono raccolti incontri e segni prodigiosi compiuti da Gesù con i relativi dialoghi e discorsi didascalici; e una seconda che inizia con l’ultima Cena e prosegue fino alle apparizioni del Risorto. Le parole che ascoltiamo nella lettura evangelica della quinta domenica dopo Pentecoste costituiscono la conclusione della prima parte e si presentano come una pausa narrativa in cui si traccia un primo bilancio dell'attività pubblica di Gesù.
A prendere qui parola è proprio Gesù che sottolinea quanto il momento sia decisivo: «Ancora per poco tempo la luce è tra voi». La sua fine è vicina, la luce sta per lasciare il posto alle tenebre e la drammaticità dell’annuncio si amplifica nel gesto del nascondersi ai loro occhi, dal chiaro valore profetico.
Tocca poi alla voce del narratore esprimere una valutazione su quanto fin qui accaduto, prima di lasciare di nuovo la parola a Gesù che riassume per l’ultima volta il proprio messaggio. L’incredulità ha avvolto non solo le parole e i segni compiuti da Gesù, ma tutta la sua persona. Si tratta non di un atteggiamento del momento, ma stabile e duraturo di cui è protagonista la folla. Ma come è possibile tutto ciò? Come si giustifica un simile fallimento da parte di Dio? Il narratore si appoggia al profeta Isaia per spiegare la situazione.
Con una prima citazione, che richiama il canto del servo sofferente, disprezzato e rigettato, mostra il rifiuto come parte integrante della rivelazione e del suo compimento. Con una seconda citazione, poi, richiama l’indurimento del popolo nei confronti del suo Dio, un fenomeno ben noto alla storia di Israele che fa così da sfondo all’incomprensibile incredulità della folla, inglobandola di nuovo nel disegno divino che va realizzandosi.
Dunque, il bilancio negativo dell’attività di Gesù non ne mina la verità, anzi, i lettori possono vedere proprio in Lui rifutato e disprezzato il manifestarsi della gloria di Dio. D’altra parte, ci tiene il narratore a sottolineare, molti credettero in Lui, perfino tra i capi, per quanto non siano poi riusciti a darne pubblica testimonianza per timore delle conseguenze.
In conclusione, la parola viene data a Gesù stesso che riformula i grandi temi del suo annuncio. La sua venuta ha anzitutto un effetto illuminante consentendo a chi la accoglie di accedere al senso della vita e alla sua pienezza. Inoltre, scopo della sua missione non è giudicare il mondo per annientarlo, ma salvarlo.
Dunque, non c’è in gioco un giudizio-condanna, ma un’offerta di vita piena aperta a ogni uomo e ogni donna, un dono gratuito e unilaterale, senza discrimini o condizioni. È il credente a essere il solo giudice di se stesso, nella misura in cui rifiuta la parola di luce che gli è stata donata. Di fronte a una simile grazia, ognuno diventa protagonista responsabile del proprio destino, nella libertà di accogliere o respingere la parola che gli offre salvezza, gioia e pace.