logo san paolo
venerdì 31 marzo 2023
 

Domenica 24 gennaio - III Domenica dopo l'Epifania

Il Figlio, che a Cana ha dato inizio ai segni, ora ne compie uno dei più signicativi, quello di nutrire il proprio popolo. Il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci occupa molto spazio nella tradizione evangelica, tanto da essere narrato complessivamente sei volte.

Gesù, secondo Matteo, si ritira in un luogo appartato dopo aver sentito che Giovanni è stato arrestato e ucciso. È un’interessante particolarità matteana: se Matteo infatti ha preso da Marco il racconto della moltiplicazione, nel racconto di quest’ultimo il fatto che Gesù venga a sapere della morte del Battista non sembra così importante. In Marco 6,30ˆ31, infatti, i discepoli sono appena tornati dal loro viaggio missionario, e per questa ragione Gesù li invita a riposarsi con lui; li segue poi la folla, e tutto continua nel modo che leggiamo anche oggi. Nel testo di Matteo, invece, Gesù si apparta solo dopo aver «udito» della morte di Giovanni. La ragione sembra duplice: Gesù sta fuggendo da Erode Antipa (che come ha ucciso Giovanni potrebbe mettere a morte anche Gesù), e lo si deduce dal verbo anachoreo (Cei: «partì di là»), ma sta probabilmente cercando anche un luogo per pregare, rendendosi conto che la sua vita è a rischio e la sua morte è imminente.

La folla però lo segue lo stesso, lo trova, e anche in Matteo, come per Marco, è questa la ragione prossima del miracolo. Ma prima avviene qualcosa. Nonostante il dispiacere per la morte del suo amico (cfr. Giovanni 3,29), nonostante la paura che Gesù può aver provato immaginando la propria morte imminente, Gesù non si occupa di sé ma di chi ha bisogno: «Sentì compassione per loro». Ed ecco poi che a sera (dettaglio che non troviamo in Marco) viene donato il pane. «Gesù ha predicato l’evangelo, ha operato guarigioni. Che cosa non ha ancora fatto? Non ha ancora imbandito alla folla il banchetto messianico» (A. Mello). Il Signore, come il Re-Messia, ha il compito di assicurare il pane al suo popolo, e deve egli stesso provvedervi, ma con l’aiuto dei discepoli.

Che però non credono, e con una frase che in greco è addirittura caratterizzata da una doppia negazione («Non abbiamo nient’altro che»), insistono sul poco, sul limite. Su questo limite Gesù fa leva: «Portatemeli qui». Non senza aver benedetto Dio, con quel poco che gli hanno dato compie un’anticipazione del banchetto eucaristico dell’ultima Cena. Anche in quella occasione Gesù avrà davanti a sé i poveri d’Israele, questa volta da liberare non dalle malattie ma dai loro peccati: «Mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: “Prendete, mangiate: questo è il mio corpo”. Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati”» (Mt 26,26- 28). Ma in quell’ultima Cena non dovrà dare il pane solo ai presenti, perché ad averne bisogno, ancora oggi, ci siamo anche noi. Quello che possiamo fare, è portare a Lui il poco che abbiamo.


21 gennaio 2021

 
Pubblicità
Edicola San Paolo