Della Samaritana
La prima lettura della seconda domenica di Quaresima ci mette a confronto con il testo del Decalogo. Lo troviamo collocato all’interno di uno dei numerosi discorsi che, nel Deuteronomio, Mosè tiene al popolo. Le sue parole sono un vero e proprio memoriale dell’alleanza che Dio ha stipulato con Israele e della Legge che viene data come modalità concreta per vivere il patto. Prima di elencare i dieci comandamenti, infatti, Mose si sofferma a ricordare l’evento decisivo, cioè il giorno in cui YHWH ha parlato faccia a faccia con il popolo sull’Horeb: «Il Signore non ha stabilito quest’alleanza con i nostri padri, ma con noi che siamo qui oggi tutti vivi. Il Signore sul monte vi ha parlato dal fuoco faccia a faccia, mentre io stavo tra il Signore e voi, per riferirvi la parola del Signore, perché voi avevate paura di quel fuoco» (Deuteronomio 5,3-5).
È importante notare che quell’evento viene attualizzato nelle parole di Mosè. Del patto che fu stipulato con «i padri» (da intendersi qui non nel senso dei patriarchi ma degli israeliti in uscita dall’Egitto) viene detto che è fatto «con noi che siamo qui oggi tutti vivi». È il senso degli «eventi fondatori»: quel che è stato una volta si compie sempre nel presente. YHWH per Israele è sempre e comunque il Dio liberatore. Dunque, l’alleanza è in vista della libertà e questa non può che essere anche la ragione, la sostanza e l’orizzonte dei dieci comandamenti.
Diverse sono le linee tematiche che attraversano il Decalogo, ma una in particolare è utile rilevare, per come si intreccia opportunamente con il racconto della Samaritana che ascoltiamo nella lettura evangelica. Si tratta del procedere dalla legge “esteriore” a quella “interiore”. Nel Decalogo, si passa da precetti estremamente concreti, esteriori e verificabili, ad altri in cui si intende orientare il desiderio. Dalla mano (omicidio, furto…), alla bocca (falsa testimonianza) al cuore (desiderio). Dal livello giuridico si passa a quello dell’intenzione, mettendo così in crisi l’approccio precettistico e legalistico, dato che l’interiorità è lo spazio meno verificabile per eccellenza e più soggetto all’interpretazione. Chi può interpretarlo se non il singolo insieme al suo Dio? Si sposta dunque l’attenzione dall’azione a ciò che la precede e la fonda, radicalizzando la Legge nel chiederne l’interiorizzazione.
È, di fatto, la linea di Gesù nei Vangeli che emerge anche nel suo incontro con la donna di Samaria. Il passaggio dall’esteriorità della sete all’interiorità del desiderio nel dialogo tra i due è molto chiaro. Giovanni ci conduce con il suo gioco di malintesi al nucleo della questione: Gesù viene con la sua parola ad incontrare e accogliere il desiderio di vita che abita ciascuno, perché ognuno possa trovare soddisfazione e pienezza.
Perché questo accada, l’alleanza con Dio non va vissuta o celebrata semplicemente in un tempio, ma nell’intimo, dove arde il desiderio di vita, dove lo Spirito parla e dove si decide, in libertà, di fare propria la verità delle parole di Gesù.