Di Abramo
La prima lettura della terza domenica di Quaresima ci porta nel deserto del Sinai. Il popolo, accampato alle pendici del monte, attende Mosè, salito per l’incontro con JHWH durante il quale riceverà le tavole della Legge. Mosè, però, ritarda e, scomparso lui, sembra scomparso anche Dio. Presi perciò dal timore e dal dubbio, gli Israeliti chiedono un dio visibile che sia loro guida. In realtà, non sembra che cerchino altri al posto di JHWH, ma alla fine è quel che fanno. Un manichino d’oro in forma di vitello, che possono manipolare a piacimento, prende il posto di Colui che li ha salvati dall’Egitto. Ma JHWH non è sordo e cieco come l’idolo. Vede, sente e pronuncia sugli Israeliti una dura sentenza che dà il via al dialogo con Mosè che ascoltiamo nella liturgia.
Con sarcasmo Dio dice a Mosè «Il tuo popolo...», quasi a rinnegare il legame stabilito tra sé e gli Israeliti. Ciò che hanno compiuto è in effetti grave: gli atti di adorazione confermano la piena responsabilità del popolo, che presentando il vitello d’oro lo dichiara addirittura come il liberatore. Non era affatto una festa per JHWH ma vera e propria idolatria, che viola le parole che fondano il Decalogo: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese di Egitto». Di fronte all’accaduto, JHWH chiede a Mosè di essere lasciato solo, come se anticipasse le sue resistenze ritenendole capaci di influenzarlo. Dio sembra sentire il bisogno di sottoporre le sue intenzioni al parere del suo amico, ma allo stesso tempo, pare sollecitarlo implicitamente perché intervenga a fermarlo. Un passaggio che rivela una incredibile intimità tra i due, mostrando quanto le parole di Mosè abbiano realmente un peso.
Mosè disobbedisce e non lascia Dio da solo. Il suo intento è spingerlo all’indulgenza e ci prova prima richiamando l’appartenenza di JHWH al popolo a cui ormai si è legato per sempre, poi giocando sulla reputazione di Dio che distruggendo gli Israeliti passerebbe per ridicolo.
Fa seguire poi tre imperativi audaci (desisti, pentiti, ricorda) con i quali ordina a Dio di cambiare idea e atteggiamento perché quel che ha progettato è male e andrebbe contro la sua stessa natura.
Dio si pente, ma è più corretto dire che la preghiera di Mosè ha successo perché chiede ciò che in realtà il suo Signore aveva già promesso e che corrisponde pienamente alla sua volontà. Colpisce molto il fatto che, almeno fino a questo punto, non si è minimamente parlato di alcun pentimento da parte di Israele mentre la pazienza di Dio si distende.
Ritroviamo la stessa ostinata offerta di vita e volontà di bene anche nel confronto duro che Gesù ha con i Giudei che avevano creduto in Lui, all’interno della lettura evangelica tratta da Giovanni. Per quanto si dichiarino figli di Abramo, figli dell’Alleanza, dimostrano di essere fedeli a tutt’altro che alla Legge di Dio. La risposta di Gesù resta un’ostinata offerta di Grazia a fronte di progetti omicidi. Il Padre di Gesù, Padre di tutti, ha sempre e solo parole e volontà di vita.