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mercoledì 30 aprile 2025
 

Domenica 7 luglio 2024 - VII dopo Pentecoste

Si sta per concludere l’ultima Cena di Gesù con i suoi discepoli e con essa il grande discorso che Giovanni, nel suo Vangelo, mette sulla bocca del Maestro di Nazaret a mo’ di testamento. I temi che vengono toccati in quello che, in sostanza, è un lungo monologo sono parecchi, ma tra i principali vi sono senz’altro la partenza di Gesù e l’invio dello Spirito, le persecuzioni che attendono i discepoli e il comando dell’amore.

La conclusione del discorso copre tutto il capitolo 17 e consiste in una preghiera che Gesù rivolge al Padre, affidandogli i suoi discepoli, e chiedendo per loro il dono della perseveranza e dell’unità.

I versetti che ascoltiamo nella lettura evangelica della settima domenica dopo la Pentecoste, si collocano proprio tra l’inizio di questa grande preghiera e la conclusione della sezione precedente, in cui Gesù, di nuovo annunciando la sua morte, prepara i discepoli al fatto che lo abbandoneranno al suo destino: «Ecco, viene l’ora, anzi è già venuta, in cui sarete dispersi ciascuno per conto proprio, e mi lascerete solo. Ma io non sono solo, perché il Padre è con me» (Giovanni 16,32).

Queste parole rendono particolarmente sorprendente e, al tempo stesso, estremamente consolante il versetto che apre il brano scelto per la liturgia: «Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!» (Giovanni 16,33).

Nel momento stesso in cui i discepoli sono stati oggetto di una critica pungente, con la quale la loro fedeltà è stata messa in discussione, malgrado ciò rimangono i destinatari dell’amore di Cristo e della sua promessa. Il Signore, il suo amore, la sua volontà appaiono così i veri fondamenti della vita dei discepoli.

È ciò che celebra con enfasi anche il brano dell’epistola tratto dalla Lettera ai Romani: non c’è nulla che ci possa separare dall’amore di Dio in Cristo Gesù. Per questo, di tutto ciò che nella vita del discepolo può far sentire sconfitti, che sia il rifiuto altrui, l’angoscia per la propria vita, la mancanza del necessario sostentamento, la violenza e ogni genere di pericolo, non ci si deve spaventare. Nulla, infatti, è in grado di sconfiggere l’amore del Signore, fosse anche il venir meno della propria fedeltà, come capiterà agli apostoli.

Tornando a Giovanni, la consolazione che Gesù offre ai suoi si consolida nella preghiera che il Maestro fa salire al Padre. Con l’espressione «è venuta l’ora» Gesù annuncia la Croce come imminente ma, subito, fa sì che venga compresa dalla giusta prospettiva: la sua morte è il momento della massima rivelazione della comune volontà d’amore del Padre e del Figlio nei confronti dell’umanità.

D’altronde, tutta la missione di Gesù era orientata al solo scopo di offrire la «vita eterna», da non intendersi come un’esistenza illimitata dopo la morte, ma una di qualità particolarmente ricca e intensa. È la vita di chi conosce Dio come Padre amante e vivificante. La vita che nasce nell’accogliere Gesù e il suo Vangelo come fulcro della propria esistenza.


04 luglio 2024

 
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