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martedì 25 marzo 2025
 

Domenica 9 Marzo All’inizio di Quaresima

Come ogni anno, la prima domenica di Quaresima ci porta nel deserto dove, secondo la versione di Matteo, assistiamo all’episodio delle tentazioni di Gesù. Il brano è noto, ma volendo andare oltre il piano immediato della narrazione, possiamo chiederci che genere di esperienza umana l’evangelista mette in scena. Indubbiamente si tratta di uno scontro che ha come nodi decisivi alcuni elementi estremamente concreti della realtà quotidiana: il nutrimento e la sussistenza, il potere e le relazioni, la religiosità e il sacro. Potremmo dire che Gesù si scontra con la realtà – qui riassunta in tre grandi ambiti – che lo interpella e lo provoca a esporsi mostrandosi per ciò che è, definendosi come uomo e dando così una direzione precisa anche alla sua missione.

La risposta di Gesù è l’esito di un dialogo da tempo avviato con la Parola che lo precede e che gli si è offerta come lente attraverso cui considerare la realtà. Le citazioni con cui replica alle tentazioni non sono infatti una formula magica che scaccia il demonio, piuttosto presentano il farsi carne in Lui della Parola, l’esito dell’aprirsi ad essa per appropriarsene. Gesù non cita semplicemente la Scrittura, ma è quella Scrittura e lo è in modo «compiuto », cioè come chi la porta a «compimento». Nella Parola ha conosciuto il Padre e, allo stesso tempo, si è riconosciuto come colui che ha in sé la medesima volontà di bene per l’umanità. Dunque ha dato carne a quella voce rispondendo alla realtà in modo conseguente. Nel dialogo che scaturisce dalla prima delle tre tentazioni tutto ciò emerge in modo mirabile.

Provocandolo nell’appetito, il diavolo incita Gesù a non sottostare alla legge della fatica, della precarietà e della condivisione che sono scritte nel pane. Con la farina, infatti, si impastano le attese dei raccolti, il peso delle arature, i timori per le piogge che tardano o sono eccessive, la cura dei terreni, l’attenta gestione delle risorse, il rispetto dei tempi e dei modi della natura. E poi ci sono le speranze trepidanti per il pane di domani, c’è la fetta sempre pronta per il povero di passaggio, c’è l’umanità che siede attorno a una mensa per farsi carico gli uni del bisogno degli altri.

Il no di Gesù, guidato dalla Scrittura che parimenti lo nutre, è il no a una certa voracità che rifiuta la precarietà, ingurgitando ogni cosa senza rispetto e cura, manipolando, spadroneggiando, violando. La sua risposta stabilisce sotto quale patrocinio intende affrontare quella precarietà e il suo guadagnarsi/ricevere ogni giorno il pane necessario.

La Parola del Padre lo illumina e attraverso di essa vede negli altri dei fratelli e delle sorelle con cui spezzare quel pane, trasformato così da mero mezzo di sussistenza a segno concreto di fraternità. Affamato di pane, ma solo se accompagnato alla giustizia, senza la quale è solo cibo avvelenato. Gesù esce così dal deserto non come il più forte bensì, paradossalmente, come il più precario di tutti e la sua fragilità non appare più come una maledizione ma il luogo di una possibile esperienza di benedizione.


06 marzo 2025

 
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