Amare fino a dare la vita
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci.
Giovanni 21,9-11
Terza domenica di Pasqua: le letture (Atti e Apocalisse) ribadiscono che Cristo è il Signore, Agnello immolato per la salvezza del mondo. Gli uomini lo hanno crocifisso, Dio lo ha risuscitato: a Lui onore e gloria! Chi ha incontrato il suo amore lo annuncia, non tace se minacciato, dà la vita, sa che il Signore risolleva dalla morte (Salmo 29). Così gli apostoli subiscono la flagellazione “lieti di essere stati giudicati degni di oltraggi nel nome di Gesù”. E Gesù stesso, nella pagina evangelica, evoca il martirio con cui Pietro glorificherà Dio. Sulla riva del “mare” di Galilea, dove avevano incontrato per la prima volta Gesù e avevano ricevuto da Lui la chiamata a seguirlo, sono presenti sette discepoli, simbolo della totalità di quelli che, in ogni tempo, con Pietro, seguono il Maestro. Sono pieni di nostalgia e si sentono scoraggiati; Pietro decide di andare a pescare, di tornare alla vita di prima, come se niente fosse accaduto nel tempo trascorso con Gesù, che aveva riconosciuto come il Cristo e per il quale, alla promessa di diventare pescatore di uomini, aveva lasciato la barca.
Tutti seguono Pietro, che proprio lì Gesù aveva costituito capo della Chiesa, e vanno a pesca, ma quella notte non prendono nulla. In questa situazione si manifesta il Risorto: nella nostra delusione, nello scoramento, quando tutto sembra inutile. La sua presenza è luce, novità di vita: tutto cambia quando c’è Lui. Suggerisce di gettare le reti dalla parte destra della barca: una proposta che sembra assurda, ma i sette obbediscono e prendono una gran quantità di pesci. Il discepolo amato riconosce il Signore, ma è Pietro, guida nella fede, che si getta in “mare” per raggiungerlo. Arrivati a riva, i sette trovano il cibo preparato da Gesù stesso: è Lui il Pane vivo che sazia la nostra fame. Egli torna a investire Pietro della missione di confermare i fratelli ed esserne il Pastore. È la terza volta che Gesù si manifesta ai discepoli dopo essere risorto; per tre volte, come tre volte Pietro aveva rinnegato il Cristo la notte della Passione, Gesù chiede all’apostolo se lo ama. Non basta la nostra infedeltà perché il Signore desista dal suo progetto su di noi! La vocazione è imparare ad amare come Lui, e ciò motiva il riferimento al martirio: siamo tutti chiamati a dare la vita, ciascuno al suo posto, per le persone che Dio ci ha dato di accompagnare a Lui, senza pretendere dagli altri più di quanto possono.
SEGUIRE GESÙ Questo fa Gesù: le prime due volte chiede se Pietro lo ama con un verbo che definisce l’amore più alto e totale, ma l’apostolo risponde con un verbo che non descrive quella perfezione; la terza volta Gesù usa il verbo usato da Pietro, lo rispetta e valorizza ciò che adesso sa dargli, aspettando che cresca nell’amore: solo nell’estremo sacrificio l’amore di Pietro diverrà perfetto. Seguire Gesù significa volergli bene, farlo entrare nella nostra vita come amico; sarà il Padre a trasformare il nostro amore imperfetto per farlo capace di oblatività verso chi ci è accanto. Questo amore ci condurrà: non saremo noi a cingerci la veste, ma un altro; non agiremo più per noi stessi, ma per amore, come una mamma non vive più per sé ma si adatta al bambino, per educarlo e proteggerlo, fino a dare la vita.