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giovedì 17 aprile 2025
 

«Se l’Europa ha ancora radici cristiane non può replicare agli armamenti con armamenti»

Fuoristrada militari usciti dalla catena di montaggio Urovesa, azienda spagnola  specializzata nella progettazione e produzione di veicoli per le forze armate. Anche il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez ha dichiarato di essere disposto a raggiungere il 2 percento del PIL in spese militari entro l'anno prossimo, in sostegno al piano di difesa "ReArm Europe" dell'UE: "un'opportunità per reindustrializzare la Spagna e il continente". Foto ANSA, EPA/LAVANDEIRA JR
Fuoristrada militari usciti dalla catena di montaggio Urovesa, azienda spagnola specializzata nella progettazione e produzione di veicoli per le forze armate. Anche il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez ha dichiarato di essere disposto a raggiungere il 2 percento del PIL in spese militari entro l'anno prossimo, in sostegno al piano di difesa "ReArm Europe" dell'UE: "un'opportunità per reindustrializzare la Spagna e il continente". Foto ANSA, EPA/LAVANDEIRA JR

La lettera di Daniele - 

Caro direttore, la guerra non si verifica in un giorno ma cresce e mette radici giorno dopo giorno. Lo stesso è per la pace. Un cessate il fuoco può e deve essere un primo passo per una tregua e una pace momentanea che diventi duratura. Il tassello giusto è l’ultimo e il più arduo da infi lare. Ed è necessario sfilarsi dai personalismi e dalle visioni unilaterali che fin qui si sono tenute. È un difficiile lavoro diplomatico e dialettico, ma questa è la sfida che si chiede ai nostri governanti. E se l’Europa ha ancora radici cristiane non può replicare agli armamenti con armamenti. Almeno non solo. Urge un riarmo, ma di idee e di visioni.

DANIELE PICCININI

Caro Daniele, la pace è un’opera artigianale che l’Europa ha saputo costruire sulle macerie della Seconda guerra mondiale e mantenere per 80 anni grazie innanzitutto all’amicizia personale tra i grandi architetti di quella che sarebbe diventata l’Unione europea: i cristianissimi Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Jean Monnet. E alimentata, oltre che da una comunità economica che ha eliminato barriere doganali e dazi (perché un’economia aperta è una delle condizioni per una pace duratura), anche da generazioni di uomini e donne che, grazie anche al Progetto Erasmus che in quattro decenni li ha fatti studiare nelle università europee, hanno saputo cementare relazioni umane che hanno di fatto costruito l’Europa dei popoli. Ma non ancora completamente.

La piazza di sabato 15 marzo ce lo ha mostrato chiaramente: non sarà il piano Rearm Europe a essere la soluzione ai conflitti, tanto più se pensato come riarmo dei singoli Stati e non come disegno di una difesa comune, che implica però una più decisa unione politica, che parte da una politica estera comune.

Solo così il nostro continente avrà futuro e potrà contribuire, con una visione d’insieme che sfugge alle improvvisazioni dei personalismi che hanno come sfondo il prevalere di nazionalismi (forieri solo di guerre commerciali prima che armate), alla vera pace in Ucraina e in Medio Oriente. Pace che, se deve necessariamente partire dal silenziare le armi, deve poi alimentarsi necessariamente di idee condivise e rispettose dei diritti di tutti. Una società umana sana avrà futuro solo in questo modo

La lettera di Beppe

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Caro don Stefano, le scrivo riguardo al titolo di copertina di FC 11. Lo trovo un po’ infelice perché sembra dire: ma chissà, potrebbe anche darsi che… le armi ci salvino. Mentre la loro riprovazione deve essere totale.

BEPPE O.

Caro Beppe, la domanda del titolo di copertina («Ci salveranno davvero le armi?») è ovviamente una domanda retorica, come si intuisce anche dal servizio. Le armi sottraggono risorse alle necessità più impellenti dei cittadini (a partire da sanità e scuola) e, soprattutto, sono fatte per essere usate e uccidere. Preghiamo Dio di non essere all’esordio di una nuova epoca di follia mondiale.


20 marzo 2025

 
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