Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
domenica 23 marzo 2025
 

V DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE - 27 settembre

Troviamo spesso nel Vangelo qualcuno che rivolge a Gesù una domanda. A volte si tratta di qualcuno che vuole capire più chiaramente un suo insegnamento o una parabola, altre volte invece si tratta di qualcuno che vuole sfidarlo e metterlo alla prova, se non addirittura trovare argomenti per poterlo accusare di qualcosa nei confronti delle autorità. In tutti questi casi il Signore tiene testa ai suoi interlocutori e, con molta chiarezza, annuncia una parola destinata a portare salvezza.

Il Vangelo di questa domenica ci porta al cuore dell’annuncio cristiano proprio attraverso uno di questi episodi in cui i farisei, maestri della Legge, rivolgono a Gesù una domanda diretta, per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Da una parte una domanda del genere aveva una sua sensatezza, dal momento che nella Legge di Mosè erano contenuti più di seicento tra comandamenti, precetti e prescrizioni, anche piccole. È chiaro che per un ebreo osservante diventava davvero difficile districarsi in una selva così abbondante di norme da osservare e dunque sapere qual era il “grande comandamento”, cioè quello più importante, quello da cui dipendevano tutti gli altri, era davvero importante.

Gesù conosce le loro vere intenzioni ma, nonostante questo, risponde in modo semplice e chiaro, citando nel libro del Deuteronomio un testo ancora oggi molto importante per gli ebrei osservanti, e che la liturgia di questa domenica ci fa riascoltare nella prima lettura: «Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze». Ma accanto all’amore di Dio Gesù aggiunge anche una seconda citazione, questa volta tratta dal libro del Levitico e che, in un certo senso, completa quel comandamento, cioè l’amore del prossimo: «Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso» (Levitico 19,18).

Anche san Paolo scrivendo ai Galati, partendo dalla questione dell’osservanza della Legge di Mosè per coloro che avevano creduto all’annuncio del Vangelo, ricorda che l’unica legge che rimane è quella dell’amore: «Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”».

Dunque anche per noi oggi, questa risposta di Gesù diventa una indicazione molto importante, perché ci ricorda che al fondamento della nostra fede c’è l’amore, un amore che prima di essere un comandamento è un dono, una grazia, cioè ci scopriamo amati da Dio attraverso suo Figlio Gesù. Ma c’è anche un secondo aspetto altrettanto importante e cioè che l’amore verso Dio passa attraverso l’amore del prossimo, cioè la misura dell’amore di Dio è quella dell’amore verso i fratelli. Giovanni evangelista scrive proprio così, nella sua prima lettera: «Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Giovanni 4,20).


24 settembre 2020

 
Pubblicità
Edicola San Paolo