Essere santi come Dio è santo
Gesù disse: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia il mantello». Matteo 5,38-40
Il Discorso della montagna culmina nell’invito alla santità: «seduto» in alto, «come uno che ha autorità» (Marco 1,22), e circondato dai suoi discepoli, Gesù si rivolge alla folla (cfr. Matteo 5,1-2), dunque a tutte le persone, senza distinzione di sesso, lingua, cultura. C’è qui un’immagine icastica della Chiesa, Madre e Maestra, che si raccoglie intorno al suo Sposo e Signore e insegna con coraggio la Verità dell’uomo a tutti i viventi, in ogni luogo e in ogni tempo, perché Cristo, il Re, «è lo stesso ieri, oggi e sempre» (Ebrei 13,8), e la Verità che Lui è non cambia con le mode. A tutti il Signore, in ogni epoca della storia, attraverso la sua Chiesa, indica la vocazione assegnata dal principio all’umanità intera, fatta «a sua immagine e somiglianza» (Genesi 1,26): essere come Lui, cioè «santi, perché il Signore nostro Dio è santo». Queste parole, tratte dal codice dell’Alleanza, risuonano oggi nella I lettura (Levitico), e trovano eco nelle parole di Gesù nel Vangelo: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Ma cosa significa essere santi? Che cos’è la santità? La liturgia di oggi, immediatamente prima della Quaresima, ce lo spiega in modo mirabile, e ci introduce così nel Tempo forte che ci prepara alla Pasqua, centro della nostra fede, nella quale celebriamo la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte, la stessa vittoria preparata per noi dal suo sacrificio e dalla sua gloriosa Risurrezione, che ci ha aperto le porte del Regno eterno, ove «saremo simili a Lui e lo vedremo così come Egli è» (1Giovanni 3,2). Già il passo del Levitico, subito dopo l’invito alla santità, indica comportamenti chiari: «Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato contro di lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore, ma amerai il tuo prossimo come te stesso». Il Salmo 102 (Responsorio) ci dice come è il Signore, cui vogliamo somigliare per essere santi: «Egli perdona, guarisce, salva dalla fossa, è misericordioso, pietoso, lento all’ira e grande nell’amore, tenero come un padre verso i figli». E Gesù, proseguendo nella spiegazione della Legge, chiarisce cosa sia quell’amore che il Levitico indica come chiave della santità: non si tratta di non fare il male o di restituire quello che riceviamo, ma di fare il bene con la creatività di chi ama, distinguendosi da coloro che non si conformano a Dio, i “pagani”, che pure sono capaci di amare quelli che li amano; ma i figli della Luce amano i nemici e pregano per loro, sull’esempio del Padre, «che fa sorgere il sole sopra i buoni e i cattivi».
SIAMO TEMPIO DEL SIGNORE
Alla santità sono chiamati i cristiani, i quali già dal nome intendono conformarsi a Cristo, che è Dio. Nel Nuovo Testamento tutti i battezzati, membri delle comunità fondate dagli apostoli, sono definiti “santi”. Dunque santi siamo anche noi! Come ci dice san Paolo nella II lettura (1Corinzi), «siamo tempio di Dio, lo Spirito di Dio abita in noi. Tutto è nostro: il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro. Tutto è nostro: noi siamo di Cristo e Cristo è di Dio». Che si veda nella nostra vita questo privilegio senza fine, ricevuto nel Battesimo, che già ora ci fa ricchi di tutto e per questo capaci di dare tutto a tutti senza riserve.