Correzione fraterna e carità
[In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli] «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello».
Matteo 18,15
«Il Signore che ci ha fatti è il nostro Dio, e noi siamo il popolo del suo pascolo, il gregge che Egli conduce»: le parole del Salmo 94, invitatorio nella quotidiana Liturgia delle ore e Responsorio di questa domenica, ci riportano alla nostra dimensione di creature fatte a immagine e somiglianza di Dio, che è Amore e Relazione di Persone, che «non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva» (cfr. Ezechiele 18,33). I sentimenti di carità e di misericordia che caratterizzano il nostro Dio devono essere anche nostri, perché in Lui siamo tutti figli e fratelli, popolo santo, convocato «per essere una cosa sola» (cfr. Giovanni 17,21): è la nostra unità, e non una turrita solitudine, a manifestare la presenza di Cristo, che nel Vangelo di oggi assicura: «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Matteo 18,20).
Le letture insistono sulla necessità di vivere nell’Amore autentico, ricordandoci che non c’è amore senza perdono e, allo stesso modo, non c’è amore senza verità. Edith Stein, patrona d’Europa, così ammoniva: «Non accettate come verità niente che sia privo di amore; e non accettate come amore niente che sia privo di verità»; e don Alberione invitava a fare a tutti la “carità della Verità”, perché Dio è Carità ed è Verità, in Lui non c’è tenebra dell’errore e del male: l’Amore, che è «la carità, non fa alcun male al prossimo ed è pienezza della Legge», chiarisce san Paolo ai Romani (II lettura); è l’Amore autentico che ci sprona a non tacere ciò che è male e a contribuire a illuminare la strada, perché ciascuno possa vedere chiaramente, anche grazie alla nostra presenza fraterna e amica, ciò che è bene e ciò che è male e discernere che cosa vuole il Signore.
Siamo chiamati a essere «sentinelle» per il mondo, come il profeta Ezechiele «per la casa di Israele»: forti di una Parola che non è nostra e che ci precede, una Parola di Amore che tutto ha creato e tutto tiene in vita, una Parola che ha cura di ogni creatura e verso ciascuna si china con amorevole misericordia, anche noi siamo chiamati, nel Battesimo, a essere sacerdoti, re e profeti, ad annunciare ad alta voce il Bene e a non tacere il male che vediamo. Il termine “sentinella” traduce parole che, nelle versioni antiche, descrivono la capacità di osservare attentamente: si tratta di vedere e di non dissimulare quello che si vede. È una responsabilità grande e urgente, che ci coinvolge tutti: ci verrà chiesto conto di quello che non diciamo, perché il nostro silenzio può impedire la salvezza di qualcuno e diventare complice di ciò che non è buono ed è male (cfr. I lettura).
Non è possibile nascondersi dietro a opportunità, indifferenze o paure; ci è chiesto il servizio della Verità, che va fatto nella Carità, come insegna Gesù: prima nel segreto, «tra te e il tuo fratello», per «guadagnarlo»; poi «con uno o due testimoni»; poi «nella comunità» perché l’amore di tutti possa soccorrere ciascuno affinché «nemmeno uno si perda» (cfr. Vangelo) e «tutti siano uno».