«Vi chiedo di studiare queste cose che vi ho detto: l'orfananza, la memoria della famiglia, l'affetto e la gratuità che devono esserci in parrocchia, che la parrocchia sappia accogliere con tenerezza, che sappia mandare avanti i suoi figli con la speranza e la pazienza». Papa Francesco, nell'aula Paolo VI, apre i lavori del convegno di pastorale della diocesi di Roma. Un lungo lavoro che porterà, a settembre, a stilare le nuove linee guida per la catechesi e la pastorale. Un cammino di conversione, che il Papa accompagna e guida come vescovo di Roma.
Papa Francesco ringrazia il cardinale Vallini, don Giampiero e i due catechisti Ada e Pierpaolo per aver citato la Evangelii Nuntiandi, la pietra miliare per la pastorale, «il documento più importante  che non è stato superato, dobbiamo andare sempre  lì, è un cantiere di ispirazione e l'ha fatto il grande Paolo VI a mano. L'ha scritto lui perché dopo quel sinodo non si mettevano d'accordo se fare un'esortazione o se non farla, alla fine quello che è diventato Giovanni Paolo II e che era il relatore ha preso tutti i foglietti, li ha consegnati al Papa e gli ha detto "arrangiati tu fratello"». E' il tono colloquiale quello che usa papa Francesco per parlare ai presenti. Legge solo di tanto in tanto il discorso preparato e si lascia andare a braccio a racconti, aneddoti, battute per far arrivare meglio il suo pensiero. «Voglio bene ai sacerdoti», dice ai tanti preti presenti, «perché fare il parroco non è facile, è più facile fare il vescovo e il Papa perché noi vescovi abbiamo sempre la possibilità di nasconderci dietro il suo eccellenza, ma fare il parroco quando ti bussano alla porta non è facile, quando uno ti viene a dire i problemi. Ma se la Chiesa italiana è forte lo deve ai suoi parroci».
La Chiesa che sogna papa Francesco è una Chiesa madre perché «i nostri bambini, i nostri ragazzi soffrono di orfananza, i giovani sono orfani di una strada sicura da percorrere, di un maestro di cui fidarsi, di ideali che gli scaldano il cuore. Sono orfani ma conservano vivo nel loro cuore il desiderio di tutto ciò. Questa è la società degli orfani. Orfani senza memoria di famiglia perché per esempio i nonni sono stati allontanati in casa di riposo, non hanno quella presenza, quella memoria di famiglia, orfani senza l'affetto di oggi o hanno un affetto di fretta: mamma è stanca, papà è stanco e loro rimangono orfani. Orfani di gratuità».
La gratuità «cioè la grazia», spiega il Papa, «la gratuità umana è come aprire il cuore alla grazia di Dio, tutto è gratis, lui viene e ci dà la sua grazia, ma se noi non abbiamo il senso della gratuità nella famiglia, nella scuola, nella parrocchia, ci sarà difficile capire cosa è la grazia di Dio, quella grazia che non si vende e non si compra, che è Dio stesso».

Ma Gesù ci ha fatto una promessa: proprio quella di non lasciarci orfani: «Generare alla fede significa annunziare che non siamo orfani».
Il convegno pastorale, come ha spiegato il cardinale Vallini, è un cammino di conversione pastorale missionaria, «è un cammino che si deve fare», dice il Papa, «e noi abbiamo la grazia ancora di poter farlo. Anche se la conversione non è facile perché è cambiare di vita, di metodo, tante cose, cambiare l'anima, ma questo cammino di conversione ci darà l'identità di un popolo che sa generare figli, non un popolo sterile».
Insiste con forza il Papa: «Se noi come Chiesa non sappiamo generare figli qualcosa non funziona. La sfida grande della chiesa oggi è diventare madre, non una ong ben organizzata con tanti piani pastorali, ne abbiamo bisogno, ma non sono l'essenziale. Quello è un aiuto alla "maternalità" della Chiesa». So che è brutto dirlo, scherza papa Francesco, ma «se la Chiesa non è madre diventa una zitella, non è feconda. L'identità della Chiesa è fare figli, cioè evangelizzare, come dice Paolo VI nella Evangelii Nnuntiandi».
Non fare proseliti, «la Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione materna, per questo bisogna offrire la maternalità, la Chiesa cresce per la tenerezza».
Oggi la madre Chiesa è un po' invecchiata, «non dobbiamo parlare di nonna Chiesa, ma è un po' invecchiata e dobbiamo ringiovanirla. Ma non portandola dal medico che fa la cosmetica, quello non è il vero ringiovanimento della Chiesa. La Chiesa diventa più giovane quando  è capace di fare più figli, diventa più giovane quanto più è madre. Ed essere nella Chiesa è essere a casa con mamma, a casa di mamma».
La Chiesa non è una istituzione identitaria, una squadra di calcio per cui tifare, «io sono della cattolica», scherza papa Francesco, ma è una madre, una famiglia. Per questo dobbiamo recuperare la memoria, la pazienza, il tempo, la tenerezza, l'accoglienza.
La gente deve sentirsi a casa di mamma, non sgridata o come se andasse in un sindacato, tra scartoffie e richieste di soldi. Le parrocchie devono avere le porte aperte e le segretarie devono sapere che sono «le nuove ostiarie della Chiesa, segretaria parrocchiale significa aprire la porta della casa della madre, non chiuderla, e si può chiudere in tanti modi».
E se per il presente bisogna avere tenerezza e accoglienza, per il «futuro occorre avere speranza e pazienza».
Come disse Elisabetta a Maria, conclude il Papa: «Tu sei felice perché hai creduto, così noi vogliamo una Chiesa di fede, che creda che il Signore è capace di farla madre, di darle tante i figli».