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Fabrizio Di Giulio
Il suo popolo, nei secoli fedele, un poco gli rimprovera di aver messo troppo dolore nel destino del suo ombroso, sensibile commissario. Maurizio De Giovanni lo sa. L’ha messo al mondo in tempi cupi, a capo della Mobile, negli anni Trenta del Novecento, e gli ha dato un “dono” nero: la condanna a risentire all’infinito sul luogo del delitto o della disgrazia l’ultima frase sulle labbra dei morti di morte violenta, almeno finché non ha reso loro giustizia. Il titolare chiama quella singolare capacità “il fatto” e non riesce a distanziarsene.


L’autore ci prova con una spiegazione che ha del pirandelliano: «Sono convinto che i personaggi siano reali, il narratore non è Dio, non determina il destino dei suoi personaggi: è il proprietario di una finestra affacciata sulla loro vita, li vede e li racconta. Sono il primo a soffrire per loro».
La finestra su Luigi Alfredo Ricciardi doveva essersi chiusa per sempre con il dodicesimo volume della saga, Il pianto dell’alba: «Ma quando nell’estate 2022 sono finito in terapia intensiva, colpito da un infarto, ricoverato d’urgenza, senza contatti con l’esterno, son rimasto a lungo solo con i miei pensieri, cioè con i miei personaggi e Ricciardi, il mio primo, quello cui sono più legato, è venuto a trovarmi e mi ha raccontato nuove storie. Gli ho promesso che se fossi uscito di lì con le mie gambe gli avrei dato di nuovo voce».
È nato così Caminito (Einaudi), «fluito con un’agevolezza di scrittura che non credevo di avere », pubblicato a fine novembre 2022, è stato l’occasione di questa chiacchierata per Famiglia Cristiana 10/23, nonché l’inizio di una nuova trilogia ispirata alle sonorità del tango argentino (gli altri sono Soledad, 2023, e Volver, 2024, in libreria in formato tascabile per Einaudi dal 25 novembre 2025) e chissà se anche di una futura quarta serie: «Geograficamente distante ma sentimentalmente vicino allo spirito di Napoli, che dei romanzi è protagonista assoluta», anche nella coralità dei comprimari. Si pensi a Maione e Bambinella, diventati protagonisti anche a teatro nello spin off intitolato Mettici la mano.


«Volevo lasciare Ricciardi per proteggerlo, non reggerebbe l’incontro quotidiano con i 25 mila caduti sotto le bombe a Napoli. I primi dodici libri – ognuno un “caso” da risolvere con intorno la storia dei protagonisti che si snoda e continua – si svolgono su un arco temporale che va dalla primavera del 1931 all’estate del 1934, pensavo di finire lì».
Caminito salta al 1939 e la storia con la maiuscola e con la minuscola lascia il segno: «Ricciardi si trova a vivere il ruolo istituzionale in un contesto più duro e complesso, ulteriormente complicato dalla consapevolezza di avere nei legami affettivi una responsabilità che non è più solo per sé stesso. Se prima agiva come disinteressato alla propria vita, ora ha un istinto di autoconservazione rafforzato. Dal canto suo, il dottor Modo, avendo preso coscienza del fatto che il regime è diventato più aspro e violento (pur conservando idee fieramente antifasciste, ndr) si è fatto più guardingo, sospettoso». Vien da chiedersi se ci sia relazione tra l’evoluzione dei personaggi e quella di chi li racconta: «Non direi, può cambiare la sensibilità dell’autore verso i personaggi, non le loro storie».


Intanto Ricciardi vive una seconda vita televisiva, arrivata alla terza serie conclusa con Il pianto dell’alba, il 24 novembre 2025 su Rai Uno: «Vivo la versione tv come una traduzione: le storie sono le stesse, tratte dai romanzi, ma l’esercizio dell’autonomia creativa di attori, registi, fotografia, ha un margine ampio, provoca variazioni, davanti alle quali lo scrittore deve fare un passo indietro e porsi correttamente da spettatore. Nei cambiamenti ci saranno cose che mi piacciono di più, altre di meno, ma io rispondo solo della parte creativa originaria. L’esercizio dell’immaginazione del lettore è più ampio rispetto a quello dello spettatore: leggere è un’attività, assistere a una produzione su schermo una passività. Sono grato alla televisione, avvicina tante persone ai miei personaggi, ma resto felicemente un romanziere. Anche quando scrivo un soggetto soltanto per la Tv come in Resta con me, funziona così».


Sul futuro dell’ombroso commissario che piace alle signore non sono ammesse indiscrezioni. «Ma è vero che Ricciardi intriga le donne cui piace il “male dentro”, credo che Livia pensi ancora a lui e che Bianca non abbia ancora accantonato l’idea. Lascio sempre i miei personaggi liberi di evolvere e vivere la loro vita. Anche Marta riserverà sorprese, un giorno...».






