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Sono esasperata dai miei genitori. Mi presento: ho 18 anni, ultimo anno di liceo classico a Roma e sono figlia unica. Questo è il problema. I miei genitori sono molto litigiosi tra loro, per ogni minima cosa mia mamma accusa mio papà e poi si passa a cose di trent’anni fa. Prima di entrare in casa mi domando sempre che clima troverò. Mi mettono in mezzo, ciascuno dei due mi dice: “Non è vero che fa così?”. Io cerco di non rispondere, di non guardarli in faccia, di stare in camera mia. Il fine settimana, quando siamo tutti a casa, è un inferno. Fuori casa, non se ne parla con nessuno, perché delle proprie cose non si parla in giro.
GAIA
Cara Gaia, la tua lettera descrive bene il peso che ricade su chi, unico in famiglia, diventa bersaglio e mediatore involontario delle tensioni di coppia.
I genitori, incapaci di affrontare le proprie difficoltà in modo costruttivo o di chiedere aiuto esterno, restano intrappolati in quella dinamica che potremmo definire “né con te, né senza di te”.
Una trappola relazionale che alimenta infelicità reciproca e compromette il benessere dei figli. Per i ragazzi, crescere in questo clima significa portarsi dentro dubbi laceranti: sentirsi non desiderati, non pienamente amati, non legittimati a sperare in relazioni familiari basate su affetto e rispetto reciproco.
Che cosa può fare Gaia? La prima urgenza è mettersi in salvo dalle dinamiche tossiche, spezzando la convinzione che “i panni sporchi si lavano solo in casa”. Quindi cercare sostegno in amicizie solide, in fi gure adulte di fi ducia e, se possibile, nello spazio protetto di uno psicologo. Allo stesso tempo, pur nella difficoltà, può essere utile tentare un confronto diretto con i genitori, comunicando il dolore che la conflittualità genera e provando a porre confi ni chiari alle loro intrusioni emotive.



