«L’affermazione ripresa da Paolo VI per cui la politica è la più alta forma di carità, apre la strada a pensare che attraverso la politica si può percorrere anche la via della santità. Una affermazione che potrebbe sembrare fuori dal tempo e dalla storia, ma non lo è perché chi vive bene la politica come forma di carità fa - e fa fare -  esperienza di Dio». Il cardinale Baldo Reina, vicario di Roma, in vista del convegno organizzato a Roma per il 29 settembre da Movimento per la vita, Associazione amici di Carlo Casini, Pakistani cristiani in Italia e Shahbaz Bhatti Mission sul tema “La politica via alla santità” riflette sull’arte del governare e sulla costruzione del bene comune. Lo fa con i piedi per terra ricordando che «ci muoviamo su un terreno estremamente complesso, perché poi la politica è fatta anche di accordi, di compromessi, di mediazioni. Ma abbiamo avuto esempi luminosi di come si possa agire davvero per il bene di tutti».

A chi pensa?

«Tra i cristiani impegnati in politica penso, in modo particolare, ad Alcide De Gasperi, che ha vissuto in maniera esemplare l'esperienza politica lasciando una traccia di santità. Per questo abbiamo avviato la causa di canonizzazione a livello diocesano. Adesso l'abbiamo trasmessa al Dicastero delle Cause dei santi».

Oggi però assistiamo più a una politica fatta di scontri, di parole che solleticano gli istinti più bassi. Come si fa a recuperare il senso vero della politica?

«Credo che abbiamo bisogno di ritornare ai valori che hanno ispirato le pagine più belle della politica italiana ed europea. Da parte di tanti si avverte l'esigenza di ritornare al pensiero sociale della Chiesa attraverso una un'opera di formazione, un'opera pedagogica capillare a misura di chi vuole attingere a questo patrimonio. Certo non basta parlare di dottrina sociale della Chiesa, poi bisogna ispirarsi a quei valori e cercare di metterli in pratica nelle scelte concrete di ogni giorno. Vedo una politica italiana che a volte appare urlata. Mi metto anche nei panni dei politici e capisco che non sempre la loro è una posizione facile. Però non possiamo esimerci da un aspetto formativo che è fondamentale, perché i valori non possono essere semplicemente proclamati, ma devono essere abbracciati e condivisi e poi finalmente messi in pratica».

 

Quanto serve la memoria per evitare che certi valori siano usati a sproposito. Penso, per esempio, alle parole sturziane “liberi e forti” usate in certi raduni?

«Serve la memoria e il rispetto della memoria. Non a caso in questo convegno si parlerà anche di Carlo Casini che ci ricorda la sacralità della vita - uno dei pilastri del pensiero sociale della Chiesa - e la necessità di difenderla. È importante parlare di questa sacralità in un momento in cui da più parti assistiamo al fatto che troppe vite vengono calpestate, e non solo per la guerra, ma anche per delle scelte scellerate. Batthi, invece, ci ricorda la difesa delle minoranze e di coloro che la pensano diversamente. Sono due figure estremamente estremamente attuali per il nostro contesto politico e culturale».

Batthi, ministro per le minoranze religiose, assassinato in Pakistan nel 2011, ci ricorda anche il martirio.

«Un esempio assolutamente luminoso. Queste figure che non hanno svenduto gli ideali nei quali credevano, ma hanno lottato per questi fino a dare la vita hanno reso migliore e più vivibile il mondo.  Credo sia importante fare conoscere queste persone alle nuove generazioni. Perché abbiamo bisogno di modelli. La nostra è definita una società senza padri ed è profondamente vero. E allora avere dei modelli, nella vita politica così come in altri ambiti, è di fondamentale importanza».

Rimanendo sul martirio. Da poco si è celebrata la giornata per i nuovi martiri. Tra gli italiani figura anche Aldo Moro, uno dei padri della nostra Costituzione di fondamentale importanza. Con lui ricordiamo Dossetti, La Pira. Una stagione importante.

«Sono figure di riferimento preziose. E non solo per l’Italia. La Pira, in particolare ci permette di uscire fuori dai nostri confini. Sono persone che hanno avuto un sogno. Anche il sogno di un'Europa che usciva dalle guerre e che poteva accogliere la possibilità di un modello diverso. E quel sogno lo hanno realizzato. Sembravano dei visionari, ma sono riusciti a lasciare una scia sulla quale poi tanti altri hanno camminato. Oggi assistiamo alla debolezza dell'Europa, ne vediamo la fragilità da un punto di vista di difesa comune, di politica europea condivisa. Tornare a queste figure significa riprendere, di nuovo, una visione alta di politica e di Europa. Bisogna crederci».

L’Europa appare debole, così come le Nazioni Unite. Ma, anche con la loro fragilità, sono indispensabili, forse l’ultima barriera contro la deregulation totale. Cosa possiamo fare per rafforzarle?

«Noi possiamo soltanto invocare il loro rafforzamento, poi li devono rafforzare coloro che li vivono dall'interno. Ci vogliono una leadership, un pensiero e una credibilità forti. Viviamo in tempi in cui molti equilibri sono saltati, ma non possiamo assolutamente abdicare a queste organizzazioni che hanno reso sicuro il mondo, soprattutto dopo i conflitti mondiali».

Quanto possono fare i cattolici in politica oggi?

«Quando papa Leone ha canonizzato Pier Giorgio Frassati ho riflettuto su questo. Ogni tanto torna di moda parlare anche di unità politica dei cattolici. Io mi sono detto che, nella misura in cui abbiamo santi come Pier Giorgio Frassati, che ha avuto anche un'esperienza nel Partito popolare, possiamo parlare anche di impegno comune in politica. L’unità di valori la si costruisce attorno alla testimonianza e la testimonianza significa, come in Pier Giorgio, dono della propria vita per gli altri».

 

Abbiamo avuto una classe dirigente cattolica che è stata la spina dorsale di questo Paese. A questo hanno contribuito anche le scuole di formazione politica, come quella, ad esempio, di padre Sorge. Bisogna tornare a investire in questo campo?

«Assolutamente sì. L'aspetto della formazione è tornato in maniera prepotente nel cammino sinodale. I cristiani ci chiedono formazione e abbiamo questo bagaglio preziosissimo del pensiero sociale della Chiesa che purtroppo non è conosciuto. Almeno nella diocesi di Roma ci stiamo muovendo. Ritengo che siano maturi i tempi per proporre ai cristiani che lo vogliono la conoscenza di questo bagaglio del pensiero sociale della Chiesa. Alla Chiesa, lo diceva anche Benedetto XVI, spetta la formazione delle coscienze. E noi possiamo e dobbiamo formare la coscienza attraverso il pensiero sociale della Chiesa. Poi persone ben formate, se ne avranno voglia e se pensano di avere la vocazione, si mettono in gioco».