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Gentile Padre,
le scrivo dopo aver letto il discorso tenuto dal Papa ai giovani di Singapore. Mi hanno colpito le parole in cui si definiscono tutte le religioni delle strade per giungere a Dio. Sono rimasto perplesso e scandalizzato. Se le religioni sono tutte equivalenti, significa che non esiste verità, ma solo opinioni.
Se per il cristiano Gesù Cristo è Dio che si è fatto uomo, che è morto ed è risorto, per l’ebreo e il musulmano questo è falso. Se una delle due posizioni è vera, l’altra deve essere per forza falsa. La fede non può essere contraria alla ragione.
Se siamo salvati da Gesù, vero Dio e vero uomo, lo siamo anche se neghiamo questo? Perché onorare i martiri, non sarebbe stato equivalente abiurare il cristianesimo e abbracciare un’altra fede che avrebbe comunque portato alla salvezza? Inutili sono gli sforzi e i rischi di tanti missionari...
Mi scuso, ma non riesco a non essere confuso.
ANTONIO MARCONCIN
Caro Antonio, l’episodio che citi riguarda l’ultima tappa del lungo recente viaggio apostolico di papa Francesco in Estremo Oriente (2-13 settembre, v. foto), in cui ha animato un incontro interreligioso con i giovani del Catholic Junior College di Singapore, un’istituzione cattolica che forma centinaia di ragazzi di tutte le religioni. Francesco li ha incoraggiati a non aver paura di lasciarsi criticare dagli altri quando lavorano, nel contesto multiculturale e multireligioso in cui vivono, per il dialogo e la pace.
E, quanto alle religioni e alla loro diversità, li ha invitati a guardarle come a “diverse lingue” nel cammino per arrivare a Dio: «Se cominciamo a dire “la mia religione è più bella e più vera della tua” finiamo per litigare, ma Dio è Dio per tutti. E come Dio è Dio per tutti, noi siamo tutti figli di Dio».
La tua domanda è legittima. Quale valore ha la fede cristiana, il martirio, la nostra stessa testimonianza di Cristo al mondo se, in fondo, tutte le religioni sono vie volute da Dio per giungere alla salvezza? La Chiesa da sempre si è interrogata sulle relazioni tra la fede in Gesù Salvatore che professa e le altre religioni, sia attraverso il lavoro dei teologi che attraverso le pronunce del Magistero, sapendo che per la legge dell’Incarnazione è la storia che illumina, con i “segni dei tempi” che via via si manifestano letti nel discernimento alla luce dello Spirito Santo, la verità tutta intera offertaci dalla Rivelazione cristiana.
Accenno qui solo, rimandandoti a testi più specifici che puoi trovare in libreria, ai tre principali indirizzi riguardo alla teologia delle religioni. Il primo, che fa riferimento alle intuizioni di sant’Agostino, presenta una visione ecclesiocentrica ed esclusivista della salvezza («extra Ecclesiam nulla salus»): solo chi è battezzato e, aderendo alla Chiesa cattolica, vive i comandamenti sarà salvo. Questa visione è stata accettata per secoli, fino a metà del ’900.
Il secondo, figlio del Concilio Vaticano II, è cristocentrico e inclusivista: chi, appartenendo ad altre religioni, segue la propria retta coscienza orientata all’amore dei fratelli e alla giustizia sarà salvo grazie alla mediazione universale di Cristo e della Chiesa cattolica, suo “sacramento”, cioè sua presenza visibile in Terra. Anche senza averlo conosciuto o avervi aderito esplicitamente, lo ha però riconosciuto nei suoi fratelli e sorelle, amandoli e soccorrendoli (cfr. Matteo 25).
In particolare nel decreto conciliare Nostra Aetate (che consiglio di leggere) vi è scritto che la Chiesa «nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini. Tuttavia essa annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è “via, verità e vita” (Giovanni 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose». Un invito, dunque, ad apprezzare quanto di buono c’è in ogni religione, senza rinunciare ad annunciare, nei tempi e nei modi in cui lo Spirito a ciascuno suggerisce, la salvezza tutta intera e definitiva offerta da Gesù Cristo a tutti gli uomini.
Credo che papa Francesco, in un dialogo tenuto a braccio e in un contesto cordiale e informale, si riferisse a questo quando parlava di tante vie e di un solo Dio, che però non si può usare come clava – da parte di nessuna religione – per generare e alimentare conflitti, come vediamo in tante parti del mondo. E in fondo è il motivo che spinse san Giovanni Paolo II nel lontano 1986 a indire l’incontro interreligioso di Assisi con tutti i leader delle religioni mondiali.
Do conto, infine, di un terzo indirizzo teologico, che risale agli anni ’90, definito teocentrico e pluralista: al centro del piano salvifico di Dio c’è il suo mistero trascendente e onnipotente che, al di là di ogni mediazione umana (quella della Chiesa), ha una portata salvifica universale. Secondo questo indirizzo non si tratta più solo di pensare a come si possono salvare i non-cristiani o se vi siano elementi di verità nelle altre religioni, ma piuttosto di capire il loro decisivo e diretto ruolo salvifico nel piano di Dio. Solo scoprendo questo ruolo il dialogo diventa vero, perché reciproco: anche i cristiani, infatti, possono ricevere frammenti di verità salvifica dalle altre religioni, che li arricchiscono perché anch’essi provengono da Dio.
Questo permetterebbe anche di fare una teologia cattolica attenta ai diversissimi contesti mondiali e, quindi, di inculturarla in essi. Questo ultimo indirizzo, nella sua versione più integralista, è stato tuttavia criticato da un importante documento magisteriale del 2000 – Dominus Jesus – che resta ancor oggi un caposaldo e che ha ribadito l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, secondo l’indirizzo cristocentrico e inclusivista. Da notare che questa suddivisione è molto schematica per motivi di spazio, perché esistono anche prospettive teologiche mediane, che prendono elementi dai vari indirizzi.
Concludendo e cercando di offrirti una mia sintesi personale, credo che come cristiani dobbiamo benedire il buon Dio perché ci ha condotto sulla via della verità tutta intera – che è Cristo Signore, unico Salvatore, il Figlio di Dio che ci ha amato e dato se stesso per noi (cfr. Galati 2,20) – e nella Chiesa, suo sacramento di salvezza. E che per questa verità vale la pena di dare la vita, perché fin da ora sperimentiamo ogni giorno, come hanno fatto nei secoli moltissimi fratelli e sorelle – testimoni nascosti o conosciuti, martiri della fede, coraggiosi apostoli del Vangelo – che l’amore di Dio ci guida, ci consola, ci incoraggia non solo nella nostra vita, ma anche nel desiderare che più fratelli e sorelle possibili conoscano Gesù.
Questo atteggiamento del cuore ci pacifica, ci fa amare – in Dio – anche chi appartiene ad altre religioni o ha convinzioni lontane dalle nostre. Per tutti dobbiamo pregare perché tutti sono amati da Dio. Per tutti dobbiamo sperare. Con la gioia nel cuore per tanta chiamata.



