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Rispettosamente desidero esporre il mio parere relativamente ai “bravi fratelli zingari” di Bucarest e in Transilvania, di cui all’articolo a p. 42 di FC 14. Loro osano ancora defi nirsi acrobati, musici e allevatori di cavalli.
Invece qui in Italia, e nella fattispecie a Mestre-Venezia, pensiamo che nella città lagunare rubano portamonete ai turisti, picchiando chi li denuncia; che ogni anno minacciano seriamente una mia parente insegnante perché deve promuovere i loro figli che non frequentano la scuola; e che sono venuti almeno cinque volte nel nostro edificio a rubare, sia di giorno e sia di notte, spaccando serrature e altro.
PGM
Nella sua lettera il nostro lettore presenta, oltre a questi, molti altri ragionevoli motivi per cui Rom e Sinti possono essere persone poco gradevoli e, a volte, anche violente nelle nostre città.
Non ha capito, però, che il nostro servizio non voleva beatificare i Rom, nella fattispecie gli ex bambini di strada della capitale rumena e quelli stanziali della zona di Sibiu, in Transilvania, dove da 12 anni opera padre Georg Sporschill, gesuita che con un manipolo di volontari vive e lavora in mezzo a loro per ridargli dignità e condizioni di vita accettabili.
L’articolo voleva soltanto presentare una via possibile attraverso cui queste persone possono essere restituite a una vita civile e, quindi, di rispetto per il prossimo. Un lavoro lungo e dagli esiti incerti, che costa tempo, lacrime e sangue.
Ma è l’unica strada che può favorire, non senza la comprensione delle ragioni storiche e sociali di certe situazioni e la ricerca dei relativi rimedi, di evitare di aumentare nella nostra società sentimenti di odio e di vendetta, che non edificano le persone e minano la pacifica convivenza sociale.



