Nella liturgia della Prima Domenica dopo la Dedicazione la lettura evangelica ci propone gli ultimi versetti del Vangelo di Matteo.

Dopo aver narrato della morte, deposizione e sepoltura di Gesù, il primo evangelista conclude il suo scritto offrendo ai suoi lettori due episodi di apparizione del Risorto. Il primo accompagna il racconto del ritrovamento della tomba vuota da parte delle “tre Marie” il primo giorno della settimana. L’episodio è noto: giunte al sepolcro all’alba, un angelo appare e, dopo aver rotolato via la pietra del sepolcro e rassicurato le donne, annuncia loro la risurrezione di Gesù, invitandole a portare in fretta la notizia a tutti gli altri e a informarli che potranno incontrarlo in Galilea. Mentre corrono dagli apostoli ecco, lungo la strada, comparire il Risorto che raccomanda loro di nuovo di dire ai fratelli di andare in Galilea dove potranno incontrarlo.

Il secondo racconto di apparizione del Risorto è quello che si svolge in Galilea tra Gesù e i suoi, che conclude il Vangelo di Matteo e che ascoltiamo in questa domenica. Oltre alla regione, l’evangelista aggiunge un’altra connotazione geografi ca, dicendoci che l’apparizione si svolge su un monte non ben precisato.

Per i lettori di Matteo la Galilea e il «monte» sono luoghi altamente evocativi. In Galilea Gesù ha ammaestrato e sanato il popolo, ha chiamato i discepoli stabilendo la prima comunità dei suoi, è stato luogo di rifugio da Erode, è chiamata terra «dei gentili» in antitesi a Betlemme di Giudea da dove è dovuto fuggire. La Galilea quindi è terra di rifugio, al contrario di Gerusalemme, e terra di respiro universale. Il «monte» richiama invece quello della terza tentazione relativa al potere, quello del discorso della montagna dove Gesù consegna l’essenza del suo Vangelo e infi ne quello della Trasfi gurazione dove Pietro, Giacomo e Giovanni hanno intuito il destino di gloria del Maestro.

Al Risorto che appare i discepoli rendono onore inchinandosi come davanti a un sovrano, ma è un omaggio ambivalente perché i cuori custodiscono il seme del dubbio. D’altronde, in Matteo la fede dei discepoli vive tra fi ducia e scoraggiamento, tra certezza e dubbio, senza essere mai vinta una volta per tutte dal loro Signore. Il Risorto passa sopra ai dubbi, rivolgendo loro una parola in cui si rispecchia la fede pasquale della comunità primitiva: nella risurrezione Gesù è stato esaltato e si è insediato come Signore dell’universo intero.

L’espressione fa da forte contrasto con lo spettacolo del Calvario che Matteo ha appena raccontato. Il Signore dell’universo è colui che è stato scartato, umiliato e ucciso. La sua sovranità non si aff ermerà dunque con gli stessi metodi del regnanti terreni ma sarà ad essi alternativa. Questo dovrà essere il cuore della missione che gli apostoli si sentono assegnare dal Risorto. Dovranno portare alle genti «ciò che Lui ha insegnato», quella visione nuova di mondo che le sue parole hanno raccontato e che la sua umanità ha incarnato, vestendo un’autorità – un potere – tutta tesa a che nessuno andasse perduto.