Il Vangelo di questa domenica pone al centro l’attenzione sulla capacità di vivere il servizio come stile di vita. Gesù porta l’esempio di un servo che, dopo aver svolto la sua mansione, è chiamato a mettersi a servizio prima di poter fermarsi e dedicarsi a sé. Essere servi inutili è riconoscere che all’interno del progetto di salvezza di Dio siamo chiamati a portare a termine la nostra missione senza aspettarci particolari ringraziamenti o ricompense, ma avendo piena coscienza di chi siamo e di Chi governa la storia dell’umanità, senza mai abbandonarla. 
Riconoscersi servi nei confronti di Dio non vuol dire sminuire l’importanza della nostra persona, né tantomeno rinunciare alla nostra libertà, piuttosto si tratta di far sì che essa porti frutto, accogliendo e cercando di seguire la strada che Dio stesso ha pensato per noi. Affidarci liberamente a Lui è scegliere la via che porta alla gioia piena, che permette alla nostra vita di portare frutti abbondanti, di fare cose grandi. È lo stesso Gesù che dirà ai suoi: «Non vi chiamo più servi ma amici». Chi comprende il significato vero dell’essere servi inutili, sa che non sono incompatibili questi due appellativi. Solo chi confonde la libertà col fare quello che si desidera sempre e comunque, ha paura di impegnarsi per diventare servo di Dio. La nostra preoccupazione dovrebbe essere di non vivere mai un altro tipo di servitù: nei confronti di qualcuno o di qualcosa. Questa schiavitù è la tipica condizione di chi ha perso la sua libertà, perché dipendente e schiavo di qualcuno o qualcosa. Chi, invece, cerca di essere servo inutile di Dio non vivrà mai una triste dipendenza perché non confonderà null’altro con Dio. 
La caratteristica che si accompagna alla servitù è la gratuità: quell’«inutili», così importante, usato da Gesù, implica la non necessità di alcun ringraziamento o riconoscenza. Può capitare di mettersi a servizio della propria comunità o delle persone a noi vicine, rimanendo poi male se non è espressa una pubblica riconoscenza. Il “servo inutile” del Vangelo è colui che conosce il nascondimento e si mette a disposizione non per chissà quale tornaconto, ma perché ha compreso l’importanza del servizio. Cogliamo l’occasione del Vangelo di questa domenica per fare un piccolo esame di coscienza: come viviamo in prima persona il servizio? Riconosciamo la bellezza e l’importanza della gratuità? Abbiamo paura di perdere la nostra libertà diventando servi del Signore?
Ascoltiamo le splendide parole che san Paolo scrive a Timoteo nella seconda lettura odierna: «Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare sé stesso». Non c’è sacrificio compiuto per Gesù Cristo che sia inutile, che non ci conduca alla salvezza, è questo il modo più bello di vivere la nostra vita, mettendoci a suo servizio. Saremo certi di aver fatto quello che dovevamo fare, mettendoci in ascolto della sua Parola e sforzandoci di attuare ciò che dice al cuore di ciascuno di noi.