Il re inchiodato
In verità io ti dico: oggi sarai con me nel paradiso Luca 23,43
Nella scena del Calvario raccontata dall’evangelista Luca colpisce profondamente il comportamento del malfattore, che diventa l’icona più luminosa della fede nell’ultima ora. Egli è crocifisso accanto a Gesù, ma, a differenza dell’altro, non si lascia imprigionare dalla disperazione. Le sue parole, pronunciate nel momento della massima oscurità, rivelano un cuore che si apre alla luce. Ci sono due suoi interventi, brevi ma intensi.
Il primo è rivolto all’altro condannato: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». In queste parole si manifesta una straordinaria umiltà: egli riconosce il proprio peccato e accetta la pena come giusta. Non cerca giustificazioni, non incolpa nessuno; guarda la verità di sé con realismo e con fiducia. È il primo passo di ogni conversione: la consapevolezza della propria colpa e, insieme, la percezione che accanto a sé c’è un innocente che non smette di amare.
Il secondo intervento è una supplica rivolta direttamente a Gesù: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». È una preghiera breve, ma racchiude una fede sorprendente. Il malfattore capisce che Gesù sta davvero entrando nel suo regno, proprio nel momento in cui tutti lo vedono sconfitto. Ci vuole uno sguardo di fede per riconoscere un re nella debolezza, per vedere nella croce un trono e nella morte una vittoria.
Gli occhi della carne vedono solo un uomo umiliato, schernito, agonizzante; gli occhi del cuore, invece, illuminati dalla grazia, vedono la regalità dell’Amore che si dona fino alla fine. Come è giunto a questa fede? Probabilmente il malfattore ha visto e sentito parlare di Gesù: sa che «non ha fatto nulla di male» e, forse, ha ascoltato la sua parola di perdono: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno ». Ha percepito che Gesù continua a fare del bene anche mentre riceve del male, che il suo potere non è quello della forza ma dell’amore.
Ed ecco la risposta immediata e sorprendente: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso». Gesù non promette un domani lontano, ma un “oggi”: l’oggi della salvezza, l’oggi in cui l’amore apre le porte del paradiso. Anche sulla croce, Gesù regna: esercita il suo potere sovrano, che non è quello di dominare ma di salvare, di perdonare, di creare dal nulla un mondo nuovo fondato sulla grazia.
Cristo, dunque, regna dalla croce: non con la potenza delle armi, ma con la forza dell’amore che perdona. Il suo trono è il legno del sacrificio, la sua corona è di spine, il suo scettro è la misericordia. Egli è il re che salva, il re che si fa servo, il re che porta con sé in paradiso chi si affida a lui.
La solennità di Cristo Re dell’universo ci invita a lasciarci giudicare da questo volto di regalità: un re disarmato, che regna dal patibolo e che continua a dire a ogni cuore pentito: «Oggi sarai con me nel paradiso ».


