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lunedì 07 ottobre 2024
 
 

Corruzione, liberiamo l’Italia

29/01/2013  Riparte il futuro”, promossa da Libera e Gruppo Abele, compie quasi un anno. Migliaia di adesioni semplici cittadini, attori, intellettuali.

Prosegue la campagna “Riparte il futuro”, promossa all'inizio dell'anno da Libera e Gruppo Abele, migliaia le firme fra semplici cittadini, personalità del mondo dello spettacolo, della cultura, delle istituzioni e di oltre 300 persone che si erano candidate alle ultime elezioni sottoscrivendo  i 5 impegni per la trasparenza e contro la corruzione, per adeguare l'Italia agli standard europei.

I “braccialetti bianchi” – è questo il simbolo della campagna che gli eletti hanno indossato nei primi 100 giorni della legislatura – si sono contati nelle fila di diversi schieramenti politici, come si è letto sul sito www.riparteilfuturo.it.

L’obiettivo è quello della massima trasversalità per dare vita ad un ideale gruppo parlamentare bipartisan che faccia della trasparenza e della lotta alla corruzione la propria bandiera
. Gli eletti si erano impegnati a riformare entro i primi 100 giorni della candidatura l'articolo 416 ter del Codice penale, la norma che riguarda lo scambio elettorale politico-mafioso e che considera corruzione soltanto il passaggio di denaro dal rappresentante pubblico al corruttore mafioso, trascurando altre controprestazioni essenziali: i ‘favori’, le raccomandazioni, le informazioni privilegiate sugli appalti in cambio di voti, la garanzia dalla repressione.”
Su questo punto la campagna continua la sua opera di sensibilizzazione e di pressione su quanti avevano aderito all'appello di Libera. La norma, infatti, non p stata ancora modificata.

In Francia, Spagna e Germania ci sono norme che chiedono a chi viene eletto la totale trasparenza: da noi solo il 40% dei parlamentari ha autorizzato la pubblicazione online della propria dichiarazione dei redditi. I candidati che aderiscono alla campagna “Riparte il futuro” sono tenuti a pubblicare online, a disposizione di tutti i cittadini, il curriculum vitae, lo stato patrimoniale e reddituale, la situazione giudiziaria e gli eventuali conflitti di interesse.

Con quello che costa al sistema Italia la corruzione - sessanta miliardi di euro ogni anno, secondo le stime della Corte dei Conti – si potrebbero liberare le risorse necessarie per uscire dalla recessione. Basterebbero, ad esempio, poco meno di 14 miliardi per completare opere fondamentali per il trasporto pubblico locale nelle principali città italiane. Altri 10 miliardi di euro potrebbero servire per completare la messa in sicurezza di tutti gli edifici scolastici, mentre con 2,5 miliardi si avvierebbe il restauro idrogeologico del Paese. 20 miliardi all’anno potrebbero coprire l'attuale costo degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, mobilità, indennità). Infine poco meno di 4 miliardi basterebbero ad evitare l'Imu sulla prima casa, mentre con altri 3 miliardi si potrebbero costruire 10 ospedali modello. La somma di tutti questi interventi è inferiore al costo della corruzione. Sessanta miliardi di euro, in alternativa, basterebbero per pagare gli interessi annuali sul debito pubblico italiano.

La corruzione mina alla radice la credibilità e l’affidabilità dell’Italia agli occhi del mondo, diminuendo di conseguenza l’afflusso di investimenti stranieri. Ad esempio, secondo Unctad (Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo), l’afflusso medio di capitali stranieri tra il 2004 e il 2008 in percentuale sul PIL in Italia è stato dell’1,38%, mentre in Francia nel medesimo periodo è stato del 3,88%. Tale “spread” di 2,5% corrisponde ad un ammontare superiore a 40 miliardi.
Capitali che, investiti in innovazione e attività produttive, consentirebbero di generare migliaia di posti di lavoro, soprattutto per i giovani. E questi posti di lavoro, a loro volta, genererebbero ulteriore crescita per il nostro Paese.

Non è un caso che nei Paesi dove la percezione della corruzione è più alta - e l’Italia è al 72esimo posto su 174 Paesi nella classifica di Transparency International - anche la disoccupazione giovanile aumenta, ci sono meno fondi per la ricerca e lo sviluppo, faticano a nascere nuove imprese, i servizi pubblici sono inefficienti, gli investimenti stranieri scarseggiano, le disuguaglianze sociali ed economiche sono fortissime.

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