Ho ricevuto una lettera “ribelle” dinanzi al mistero della sofferenza. Condivido con voi alcuni estratti: «In questi giorni stiamo affrontando la morte di mia suocera. È una lenta agonia. […] La morte è veramente brutta, ingiusta, schifosa, fastidiosa, brutta proprio da vedere. C’è troppa sofferenza nella morte. Mia suocera è sempre stata una donna di fede, praticante, eppure sta affrontando la morte con molto dolore e, apparentemente, nessun aiuto celeste […]. Ma dov’è Dio in tutta questa sofferenza?». L’autrice della lettera continua esprimendo il rifiuto di arrendersi al non senso, ma anche al silenzio di Dio davanti al non senso. Ecco di seguito alcuni passaggi della mia risposta. «Sfondi una porta aperta... Anche nella Bibbia ci sono tante pagine di ribellione dinanzi alla morte. Prima dell’affermarsi della fede nella vita eterna, la cosiddetta discesa nello Sheol (negli inferi) era proprio la caduta nell’assurdo totale e quasi la vanificazione dei progetti di Dio. Non poche volte leggiamo che il fedele grida al Signore: “Come potrò lodarti nel paese dell’oblio?”. Questo grande contrasto trova la sua espressione più acuta nel Qohelet, che guarda senza edulcoranti l’assurdità e la “vanità” di tutto. Per lui, la tomba dell’uomo di fede e la tomba dell’empio sono uguali, così come lo sono il ricco e il povero nella tomba. Questa piccola rassegna per dirti che senza la prospettiva della vita eterna, la fine di questa vita è proprio, come scrivi, “veramente brutta, ingiusta”. «Cos’è la speranza cristiana?
La nostra speranza non è quella di vivere eternamente qui, ma di essere con il Signore per sempre. Anzi, Paolo non si fa illusioni e ricorda ai cristiani: «Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini» (1Corinzi 15,19). Ho l’impressione, ma spero di sbagliarmi, che di questa speranza e di questo “quadro completo” si parli poco oggi. «Dov’è Gesù in questa sofferenza? Gesù è nel nostro Getsemani, a mescolare il nostro patire, la nostra angoscia con il suo patire, la sua angoscia. Non è una riposta facile, ma è così che ci risponde. “Dio”, scrive il convertito Paul Claudel, “non è venuto a spiegare la sofferenza, non è venuto nemmeno a eliminarla; è venuto a colmarla della sua presenza”. Dopo aver fatto tutto il possibile, medicalmente e umanamente, non ci resta che Gesù crocifisso come prospettiva per colmare di senso il non senso della sofferenza e della morte».