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venerdì 21 marzo 2025
 
 

Monti, chi toglie la fiducia "muore"

08/02/2012  Grazie al senatore Monti l'Italia riconquista prestigio. I partiti che gli facessero mancare la fiducia, si assumerebbero un'incalcolabile responsabilità nei confronti dei cittadini.

Il Governo Monti nelle ultime settimane ha disposto decreti e azioni tendenti, nell’ambito delle attuali leggi, a combattere gli evasori fiscali e ad affrontare concretamente le rivendicazioni delle associazioni di categoria che ritengono di essere state colpite dagli ultimi provvedimenti. Sono tutti un po’ scontenti e questo manifesta che gli interventi attuati, finalmente, tendono a quella “equità”, tanto auspicata a parole, ma che non viene più considerata tale allorquando vengono toccati i singoli interessi.

C’è ancora molto da fare. E’ in discussione il Decreto relativo ai contratti di lavoro. E’ indubbio che si debbano tutelare i diritti dei lavoratori, ma è necessario contemperare tali diritti con quel minimo di flessibilità che possa consentire una maggiore competitività delle nostre aziende nei confronti dei concorrenti internazionali, nonché un minimo di utile nei loro bilanci per evitare che preferiscano delocalizzare o, peggio, chiudere le fabbriche, con conseguente maggiore danno per i lavoratori e per tutto il Paese. Per rilanciare la crescita e il lavoro è necessario lo sforzo di tutti. Governo, scuola, parti sociali ma anche e soprattutto, noi società civile.

La “mobilità” negli anni a venire è fatto inevitabile, così come pure la “flessibilità” intesa come capacità di cambiare, nel corso della propria carriera, azienda o lavoro. Sta alla società civile cominciare ad abituarsi a questo concetto e fare in modo che diventi un’opportunità di crescita, di miglioramento, ma nel contempo compete agli organi politici e di Governo creare le condizioni affinché tale mobilità non diventi per le famiglie “instabilità”, e la flessibilità non si tramuti in iniquo, e spesso non tutelato, “precariato”. E’ necessario perciò prevedere, per chi è “flessibile”, sicure forme di tutela del reddito.

Per operare interventi così delicati, quali quelli che toccano il lavoro, è necessario che il cittadino, al quale si chiedono sforzi e sacrifici, abbia fiducia nel proprio Stato. E questa fiducia può essere legittimamente chiesta solo da uno Stato sano che persegua il risanamento del bilancio tagliando le spese agli organi centrali e periferici, e che faccia pagare a tutti le tasse corrispondentemente ai loro reali introiti. Le iniziative del Governo sono condivisibili, ma sembra sempre più difficile far approvare all’attuale Parlamento provvedimenti concreti di taglio alla spesa politica e una nuova legge fiscale che possa colpire gli evasori alla base delle loro inadempienze, poiché da soli i controlli, se pur necessari, non sono sufficienti a sradicare il problema.

Per quanto riguarda la spesa politica, com'è stato da molti richiesto, è necessario ridurre drasticamente il numero delle rappresentanze a livello centrale, regionale e comunale, eliminando il livello provinciale, la cui abolizione trova, a parole, d’accordo tutti ma praticamente sino a oggi ben poco si è fatto. Ho letto su un autorevole quotidiano di alcuni giorni fa un valido riepilogo della miriade di enti, consorzi, società statali, regionali, provinciali, comunali, gestiti in tutto o in parte dagli organi centrali e periferici. Mi sorge il dubbio (ma è solo un dubbio per carità!) che tutte queste società pubbliche, o in qualche modo controllate dal “pubblico”, per la gestione di molte attività più che essere finalizzate al bene dei cittadini siano state create per assumere, senza concorso peraltro, “amici”.

Ma non sarebbe più “trasparente” fare in modo di non creare commistioni fra controllore, ovvero l’organo di Stato che vigila affinché vengano rispettate le esigenze della collettività, e il controllato, ovvero le varie società erogatrici dei servizi? E’ legittimo pensare che con una reale liberalizzazione dei servizi lo Stato e gli organi periferici possano risparmiare, e il cittadino avere prestazioni migliori? Non sembra che i partiti vogliano affrontare il problema poiché anche su questo si basa il loro potere, ma mentre sistemano gli amici e gli amici degli amici, causano però un incalcolabile danno economico allo Stato.

Capisco le difficoltà del Governo Monti che si trova nella difficile condizione di voler operare scelte che ritiene giuste e nel contempo deve “navigare” tra le logiche dei partiti che, con il voto dei loro parlamentari, possono compromettere la sua sopravvivenza. Grazie al senatore Monti, quale nostro Presidente del Consiglio, l’Italia sta riconquistando prestigio, sia nei confronti dei mercati internazionali, sia della Comunità Europea, sia dei vertici degli altri Paesi della Comunità. Qualora i partiti non dessero pieno sostegno al Governo Monti o, peggio ancora, gli facessero mancare la fiducia, si assumerebbero una incalcolabile responsabilità nei confronti dei cittadini, e la perdita di qualche migliaio di voti, per aver accettato manovre sgradite ai propri elettori, sarebbe poca cosa se paragonata alle perdite causate al Paese, ed’ho la certezza che di questo i cittadini si renderebbero ben conto.

Ai quei politici che accusano chi li critica di volere alimentare “l’anti-politica”, rispondo che è proprio per il grande rispetto della politica che i cittadini non possono accettare che venga gestita da “onorevoli” a volte, non onorabili, o da qualcuno talmente “ingenuo” che non si accorge se gli rubano i soldi dalla tasca o qualche altro che neppure ha coscienza del valore economico delle case, (le loro case, perché sulle nostre sanno bene fare i conti). L’occasione di un grande riscatto nei confronti dei cittadini i partiti ce l’hanno. Gli italiani hanno detto forte e chiaro di voler cambiare la legge elettorale, ed è un tema che non può essere affrontato da un governo “tecnico”. Tornare a votare con l’attuale legge costituirebbe un esproprio del diritto dei cittadini di eleggere i loro rappresentanti in Parlamento. Spero che così non sia perché in tal caso non sarà facile contenere le frustrazioni di chi riterrà che non esistono più strumenti democratici per esprimere le loro idee.

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