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venerdì 11 ottobre 2024
 
Caso Regeni
 

Manconi: «Con l’Egitto la pazienza è finita»

30/03/2016  «I genitori di Giulio siano stati capaci di elaborare un linguaggio miracoloso», dice il presidente della Commissione Diritti Umani del Senato. Ma aggiunge: «Ritengo che finora dall'Egitto abbiamo avuto un solo documento ufficiale che io trovo oltraggioso nei confronti della famiglia, menzognero, grottesco e miserabile».

“Cosa può essere oggi la politica, in un mondo dove prevalgono le passioni tristi e le ideologie sarebbero morte e sepolte? Può essere la capacità di muovere dal dolore e dalla forza delle persone in carne e ossa, e provare a tradurre tutto questo in mobilitazione collettiva”. Sono parole di Luigi Manconi che ritroviamo nel libro intervista “Corpo e anima”, curato da Christian Raimo e pubblicato in questi giorni da Minimum fax.

In questa frase c'è tutto il senso della presenza di Manconi accanto ai genitori di Giulio Regeni nella conferenza stampa del 29 marzo scorso. Una presenza dalla parte delle vittime e un impegno in prima linea nella battaglia per la libertà che Manconi ha già manifestato in diverse vicende di questi ultimi anni, come quelle che hanno coinvolto Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi. Manconi, senatore del Pd, sociologo, è presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato.

In questa foto e in copertina: Luigi Manconi insieme ai genitori di Giulio Regeni, alla conferenza stampa del 29 marzo.
In questa foto e in copertina: Luigi Manconi insieme ai genitori di Giulio Regeni, alla conferenza stampa del 29 marzo.

- Senatore Manconi, le parole dei genitori di Giulio Regeni, soprattutto quelle della mamma, hanno scosso l'Italia. Da dove viene la loro forza?

«Credo che Paola e Claudio Regeni in questo momento della loro vita siano toccati da quella che la dottrina cattolica definisce la grazia di stato. Cioè quella grazia che in determinate circostanze viene attribuita alle persone per aiutarle a superare una condizione di crisi. Trovo che i genitori di Giulio siano stati capaci di elaborare un linguaggio miracoloso. Le parole della madre sul volto del figlio, in cui riconosce tutto il dolore del mondo, sono di una formidabile potenza letteraria. Sono parole che toccano vertici di poesia, come in Dante o Leopardi».

- I genitori di Giulio si sentono presi in giro dalle autorità egiziane?

«Le loro parole sono state chiare. Ritengo che finora dall'Egitto abbiamo avuto un solo documento ufficiale che io trovo oltraggioso nei confronti della famiglia, menzognero, grottesco e miserabile».

- L'Egitto sta vivendo un’emergenza democratica?

«Non c'è dubbio. In base ai dati forniti da Amnesty International, dall'inizio del 2016 in Egitto 88 persone sono state sequestrate e torturate, e 8 di loro sono poi state uccise. Anche le rappresentanti di una storica Ong di donne egiziane mi hanno presentato una situazione da vera emergenza democratica».

Luigi Manconi, presidente della Commissioni Diritti Umani del Senato.
Luigi Manconi, presidente della Commissioni Diritti Umani del Senato.

- Questo aspetto quanto deve pesare nei rapporti fra Italia ed Egitto?

«La questione dei diritti umani non deve essere un accessorio insignificante delle relazioni con l'Egitto o l'ultimo punto dell'agenda politica dei nostri rapporti bilaterali. Dev’essere parte importante e cruciale, una priorità fra le priorità. Non riesco a immaginare un sistema di rapporti fra uno Stato e un altro Stato che al suo interno, insieme ai rapporti commerciali, non preveda anche la tutela dei diritti umani».

- Che cosa ci si può aspettare dall'incontro previsto il 5 aprile a Roma fra le autorità italiane ed egiziane?

«Intanto, questo incontro non è ancora confermato. È un appuntamento di cui si è parlato solo nel corso di telefonate e non sarà un incontro fra procure, ma fra gli investigatori della polizia italiana e quelli della polizia egiziana. Quindi bisogna aspettare, ma aggiungere il termine “fiduciosi” mi pare un po' difficile in questo contesto».

- La pazienza nei confronti dell'Egitto ha un limite?

«Sì, la pazienza ha un limite, ma questo limite è stato pericolosamente avvicinato. Bisogna indicare un punto oltre il quale siamo tutti d'accordo che la nostra pazienza non può protrarsi».

- A quel punto dovrebbe esserci i ritiro del nostro ambasciatore al Cairo, da lei richiesto in conferenza stampa?

«Sì, il richiamo dell'ambasciatore è un segnale forte che si dà all'altro Paese per dire la misura è colma, non è una dichiarazione di guerra».

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