Cesare Prandelli, commissario tecnico del nostro calcio, è uno che fa formazione. Fa anche “la” formazione, ma qui intendiamo formazione nel senso di educazione, di cure della lealtà, della disciplina, di omaggio ai buoni sentimenti e di castigo in caso contrario. Ha fatto scendere l’altro giorno in campo gli azzurri contro la Slovenia, a Lubiana, per una partita ufficiale che poteva essere e forse è stata (1 a 0 per noi, ora bene in testa nel nostro gruppo eliminatorio) la chiave della qualificazione alle finali, ha rinunciato a schierare De Rossi e Balottelli, due elementi che rappresentano ai massimi la sicurezza e l’esperienza, il talento e l’estro.
De Rossi può tenere in piedi una partita, con grinta ed autorità, Balottelli può inventare una vittoria. I due erano squalificati, in quanto colpevoli di infrazioni disciplinari, per l’attività di club nei loro campionati, quello italiano con la Roma De Rossi, quello inglese con il Manchester City Balottelli, poteva giocare per il Club Italia, ma Prandelli si era presentato, succedendo a Marcello Lippi, come quello che mette la correttezza, la sportività sopra ogni altra cosa, e ha rinunciato ai due pur sapendo che, in caso di insuccesso contro la Slovenia, sarebbe stato lapidato dalla critica, pronta ad applaudire i moralisti così come pronta a distruggerli, dipende da quel dettaglio da niente che si chiama risultato.
Oggi Prandelli fa giocare i suoi in amichevole a Kiev, contro l’Ucraina che l’anno prossimo insieme con la Polonia ospiterà il campionato europeo, la cui organizzazione ha ottenuto battendo la candidatura italiana ed ha visto confermata nonostante le nostre riserve sui suoi stadi in costruzione. Sarà un confronto ad alto impegno psicologico, dovremo nella misura del possibile riuscire ad essere simpatici, o non antipatici. Più facile, o meno difficile, quando si ha uno come Prandelli che fa formazione a costo di indebolire “la” formazione.
Giuseppe Rossi è nato nel New Jersey, Usa, gioca nel Villareal, Spagna, oggi dovrebbe essere in campo sin dal via contro a Kiev contro l’Ucraina, si sente molto italiano e proprio perché conosce l’Italia preferisce rimanere a fare il calciatore all’estero. Si trova benissimo con Prandelli, forse avrebbe qualche problema con qualche altro allenatore che da noi va per la maggiore. E’ un buon attaccante, non un fulmine di guerra, ce la mette sempre tutta e non sbraca mai.
Balotelli è nato a Palermo, viene dal Ghana, è stato adottato da una famiglia lombarda, non ha ancora ventun anni ed è già milionario in euro, l’Inter lo ha lanciato ma poi lo ha lasciato andare in Inghilterra perché neanche Mourinho sapeva più come gestirlo, adesso al Manchester City (allenato da Roberto Mancini…) lo vogliono rimandare in Italia, dove pare che lo aspetti a braccia e portafoglio aperti il Milan, di cui lo stesso Balottelli si è sempre detto tifoso, anche quando indossava la maglia nerazzurra, il Milan dove Balottelli e Cassano, due disciplinarmente sempre molto discussi, dovrebbero elidere, unendosi e urtandosi, i loro brutti caratteri.
Balotelli ne ha già combinate di tutte, in tanti campi: sessual-sentimentale, disciplinare, rissaiolo, comportamentale. In campo, fuori campo, per strada, l’ultima scagliando freccette, quelle con la punta di metallo, sui ragazzini che giocavano a calcio sotto le sue finestre. Non si aspetta più di sapere se farà qualcosa che non va, si gioca semplicemente a indovinare quale sarà la prossima bravata.
Ha un talento enorme, un fisico strepitoso, lo dicono tutti, lo sa anche lui. Prandelli dice che vuole farsi del male, per fortuna non si dice che è il nostro calcio a farsi del male rinunciando a uno come lui.
Naturalmente alla prima sconfitta della Nazionale di Prandelli senza Balotelli ci sarà chi chiederà di avviare il recupero del ragazzo. Come è stato chiesto per Cassano dopo che aveva persino insultato il suo vecchio presidente sampdoriano. Un motivo di più per tifare per gli azzurri del buon Cesare, l’allenatore che per stare vicino alla moglie segnata da una malattia senza scampo lasciò per lungo tempo la panchina.
Urletti di gioia per il successo degli Azzurri in Slovenia, sullo slancio della soddisfazione recente per un pareggio in amichevole con una Germania piena di rincalzi. Forse stiamo esagerando. E’ stato supermagnificato Tiago Silva, autore del gol decisivo, brasiliano che ha optato per la nostra nazionalità: ma prima e dopo il gol Tiago Silva mica ha giocato bene, anzi.
Ci sembra che non si voglia ammettere che siamo scarsi di talenti nostrani, e che anni e anni di prelievi sul mercato straniero hanno mortificato il nostro vivaio.
La Slovenia ha appena due milioni di abitanti, nessuna tradizione calcistica gloriosa, smista giocatori in tutta Europa, anche in Italia, dove il calcio conta su più di due milioni di tesserati italiani. Forse senza Buffon tornato ad essere grande la Slovenia avrebbe pareggiato.
Comunque a Kiev contro l’Ucraina Prandelli cerca un portiere per sostituire Gigi il grande che non può essere eterno, e pare che stavolta punti su Viviano, del Bologna: il ruolo è iperdelicato, una volta eravamo i migliori produttori di portieri del mondo, adesso siamo in riserva e peschiamo all’estero. Pare che Prandelli per oggi abbia in mente numerosi esperimenti, insomma un turnover intensissimo. Cosa utile per lui come appunto sperimentatore, ma anche cosa utile se la partita fosse perduta e si potesse però puntare sulla necessità di provini insistiti ancorché rischiosi.
Se poi la partita va bene, tutti magari a dire che ormai non solo abbiamo di nuovo una grande Nazionale, ma siamo pieni di ricambi per tutti i ruoli: fra l’altro sarà poi disponibile De Rossi, che non è assolutamente un Balotelli e che sicuramente ha inteso la lezione prandelliana nel migliore dei modi.
Cercano lancio, rilancio o conferma in molti, Prandelli è lì apposta per dare una chance a tanti. Casomai a troppi, vista la sovrabbondanza di calciatori che si alternano in azzurro, ma è chiaro che siamo in tempi di scrematura, poi il citì lavorerà su un blocco quasi fisso di prescelti. Che, conoscendolo, non saranno anche automaticamente i prediletti.