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sabato 21 settembre 2024
 
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«Impossibile ora una visita del Papa a Kiev. Alla Russia abbiamo chiesto di proteggere i bambini»

28/03/2022  Il Nunzio apostolico in Ucraina monsignor Kulbokas: «Senza un minimo di tregua sarebbe rischioso per il Pontefice e per i fedeli. Non è immaginabile un viaggio di Francesco segreto o clandestino. Attraverso i canali diplomatici ho chiesto a Mosca di tutelare i più fragili»

Dice che una visita del Papa a Kiev «sarebbe bellissima ma è impossibile perché mancano le condizioni minime di sicurezza». E racconta come si vive sotto la minaccia delle bombe e dei raid aerei: «Da quando è scoppiata la guerra, non usiamo più i piani superiori della Nunziatura. Dormiamo e celebriamo la Messa ogni giorno al pianterreno. In alcuni momenti quando sentiamo il rumore delle esplosioni molto vicino al nostro quartiere e scatta l’allerta ci rifugiamo nei sotterranei anche se non è possibile vivere lì notte e giorno».

Monsignor Visvaldas Kulbokas, lituano, 47 anni, parla perfettamente l’italiano oltre a francese, inglese, russo e spagnolo. È arrivato nella capitale ucraina come Nunzio apostolico il 7 settembre scorso, dopo essere stato, tra gli altri incarichi, Segretario di Nunziatura a Mosca dal 2009 al 2012.

Si aspettava quest’attacco da parte della Russia?

«No. Durante le prime settimane di quest’anno abbiamo visto i movimenti delle truppe ai confini del Paese e lì abbiamo capito che dovevamo prepararci al peggio. Prima non avrei immaginato che si potesse arrivare davvero a un conflitto di queste dimensioni».

Kiev da giorni vive sospesa nell’angoscia? Com’è la situazione?

«Migliore se paragonata ad altre città come Kharkiv o Mariupol, la città martire che sta pagando finora il prezzo più alto. È un centro di trecentomila abitanti, il più grande dell’Ucraina dopo la capitale, dove non è rimasto più nulla. Mancano luce, acqua e gas. A Kiev abbiamo l’energia elettrica e il riscaldamento, alcuni negozi sono ancora aperti e la gente esce per acquistare qualcosa da mangiare. Arrivano anche gli aiuti umanitari dalle altre regioni e dall’estero. Anche se tutti i giorni dobbiamo fare i conti con la paura: i missili che ci passano sopra, le allerte continue. La gente che è rimasta si è abituata, anche se è sempre più stressata e angosciata».

Riesce a parlare con le autorità delle città del Sudest più colpite?

«Ho sentito il vescovo ausiliare cattolico di Kharkiv, nella cui diocesi ricade Mariupol, e mi diceva che della cappella si è potuto salvare solo un Messale. È stato distrutto o rubato tutto, come tante altre chiese e cappelle. La gente di Mariupol non ha più contatti con i propri familiari da 14 giorni e non sanno se sono vivi oppure no. Vedere la gente che soffre è un’angoscia ma quando vedo le immagini di persone che vengono salvate perché fatte evacuare scoppio in un pianto liberatorio e il cuore si chiede: perché tutto questo dolore? Chi ha potuto causare tutto ciò? Non si capisce come mai gli scopi di qualcuno possano essere superiori alla vita di bambini, mamme incinte, malati, anziani».

All’inizio sembravano un’illusione, poi i negoziati, sia pure con molta fatica, sono andati avanti. Ora sembra ci si trovi in una nuova fase di stallo. Lei è fiducioso?

«Se questa guerra è iniziata mi sembra illogico che finisca così. È più logico, invece, che una delle parti, dopo aver constatato che non è in grado di raggiungere gli obiettivi aver avuto seri problemi sul campo, a causa di queste difficoltà possa accelerare i negoziati. Per questo l’aspetto spirituale è molto importante».

Papa Francesco con il Nunzio apostolico a Kiev, mons. Kulbokas, 47 anni, il 2 settembre scorso in Vaticano (Ansa)

Papa Francesco ha definito la guerra "disumana e sacrilega" e invita continuamente a pregare per la pace.

«Il suo invito è importantissimo perché uno degli scopi della preghiera è la conversione del cuore di ognuno di noi. Senza questo cambiamento interiore i politici implicati nel conflitto restano sulle stesse posizioni che hanno portato alla guerra e non si esce da questa spirale di violenza e di morte. La preghiera è un’arma spirituale fondamentale. Quando celebro la Messa in Nunziatura lo faccio anche per chi sta nascosto nei bunker, per chi è sotto le bombe, per i bambini morti di sete. La guerra causa sofferenza, morte e distruzione. I cristiani ucraini sono uniti nel denunciare quest’orrore».

Hanno suscitato molto scalpore le parole del Patriarca di Mosca, Kirill, che ha evocato una guerra “metafisica” per combattere i peccati dell’Occidente, a cominciare dall’organizzazione del Gay Pride.

«Non voglio commentare queste dichiarazioni ma ricordo che il Consiglio ucraino delle chiese e delle organizzazioni religiose, che riunisce tutte le confessioni cristiane insieme ai musulmani e agli ebrei, è molto unito. Non posso dire che tutti i vescovi e sacerdoti ucraini siano perfettamente e totalmente uniti nel condannare questa guerra ma i più alti rappresentanti di ogni religione hanno fatto sentire chiaramente la propria voce contro il conflitto».

Il Papa, accogliendo la richiesta della Vergine a Fatima, ha deciso di consacrare al Cuore Immacolato di Maria la Russia e l’Ucraina invitando tutti i vescovi del mondo a fare altrettanto. Che significato ha questo gesto?

«È un’arma spirituale molto forte e sono grato al Pontefice. Io sono stato sommerso di richieste da ogni parte del mondo affinché il Papa facesse questa consacrazione speciale. L’ha chiesto anche la Conferenza episcopale ucraina. So che tanti altri messaggi analoghi sono arrivati direttamente in Vaticano. Guardando i bambini sofferenti, non si capisce come mai una guerra del genere possa nascere nel ventunesimo secolo. Il Signore ha permesso al diavolo di agire perché la guerra stessa è un'invenzione diabolica. E l'unica arma contro Satana, il grande divisore, è quella spirituale e l’avvocata più forte è la Vergine Maria che è madre di tutti e in particolare dei bambini uccisi e rimasti mutilati e delle madri che fuggono. Affidarsi con il cuore fiducioso e contrito a Maria è la scelta giusta perché è Lei che schiaccia la testa del serpente».

All’inizio del conflitto non si riuscivano a creare i corridoi umanitari. Poi qualcosa si è sbloccato.

«La Santa Sede li ha chiesti sin dall’inizio ed è già intervenuta per alcune questioni particolari come quella di trasmettere alla Russia alcune richieste specifiche riguardanti soprattutto i bambini, dalla protezione degli orfanotrofi alla possibilità di farli evacuare. In questi casi ci si serve dei canali diplomatici».

Che risposta avete avuto?

«È stata prestata attenzione alle nostre richieste e già per questo io sono molto grato».

Cosa sta facendo la chiesa ucraina per aiutare i profughi?

«C’è una grande mobilitazione. A Kiev, nella chiesa di San Nicola, non ancora restituita dal governo alla comunità cattolica, la parrocchia ha avuto il permesso di creare un hub per raccogliere e smistare gli aiuti umanitari dove collaborano molti sacerdoti insieme ai laici. Le due Caritas del Paese stanno svolgendo un grande lavoro. Anche se la gente non può muoversi liberamente durante il giorno, ci sono tantissimi volontari che si stanno prodigando per raccogliere gli aiuti e distribuirli. Purtroppo ci sono tante persone impegnate nel far evacuare i civili, soprattutto bambini, che non riescono ad arrivare a destinazione e muoiono sotto le bombe».

Il sindaco di Kiev, Vitaliy Klitschko, ha invitato papa Francesco a recarsi in visita in città. È possibile un viaggio?

«Ho trasmesso l'invito del sindaco in Segreteria di Stato nei giorni scorsi. Sarebbe bellissimo e di grande significato avere il Pontefice in mezzo a noi ma ho riflettuto a lungo con i vescovi e, purtroppo, non è affatto facile organizzare una visita in questa situazione. Un conto è arrivare a Kiev con delle precauzioni e mezzi sicuri come hanno fatto alcuni leader europei per avere incontri riservati e cercare di fare andare avanti i negoziati. Un altro è immaginare una visita del Papa quasi segreta, clandestina. Non è possibile. Sarebbe indispensabile un minimo di tregua sia per il Papa che per le persone che dovrebbero partecipare alla preghiera con lui. Senza queste minime condizioni, difficili attualmente da raggiungere, si metterebbe a rischio l’incolumità di tutti».

Sin dall’inizio del conflitto, lei è rimasto a Kiev. Ha paura?

«Cerco insieme ai miei collaboratori di usare tutte le precauzioni. Da quando è scoppiata la guerra, non usiamo più i piani superiori della Nunziatura, che si trova in un quartiere centrale di Kiev, né le stanze che hanno le finestre sull’esterno perché sono gli ambienti più a rischio in caso di attacco. Dormiamo e celebriamo la Messa ogni giorno al pianterreno. In alcuni momenti quando sentiamo il rumore delle esplosioni molto vicino al nostro quartiere e scatta l’allerta ci rifugiamo nei sotterranei anche se non è possibile vivere lì notte e giorno. La guerra interpella tutti, credenti e no. Qualche giorno fa le religiose che collaborano in Nunziatura mi hanno raccontato del sogno fatto da un ateo, un sogno molto importante».

Per quale motivo?

«Quest’uomo ha visto camminare se stesso, di notte, tra le strade semidistrutte in cerca dei suoi familiari. A un certo punto, incontra Gesù Crocifisso sul quale stanno sparando i militari russi. Nel suo cuore, condanna quei soldati e chiede a Gesù di proteggerlo e ritrovare i familiari. Gesù gli dice: “Deciditi se vuoi sparare anche tu su di me o se vuoi che ti protegga”. Lui si sveglia e comprende il senso di quella strana richiesta. Nel suo cuore pensava di essere migliore dei russi ma il Signore gli fa capire che non è così ma che deve scegliere se vuole essere come tutti gli altri oppure convertirsi e cambiare il cuore. Questa persona ha detto che il sogno l’ha cambiato. Trovo esemplare questa testimonianza perché è così che sto percependo l'aspetto spirituale di questa guerra che interpella tutti, credenti e no, e ci spinge a chiederci: “cosa sto facendo io, con chi sto?”. Gesù ci dice che abbiamo un solo padre nel cielo e, di conseguenza, siamo tutti fratelli. Se è così, non solo il conflitto ma anche la denigrazione e il giudizio verso il prossimo vanno evitati. Non solo coloro che causano la guerra devono fare un lungo cammino di conversione ma anche noi che a volte siamo tentati di ritenerci più bravi e giusti degli altri. Il Vangelo, attraverso quello che sta accadendo, ci pone davanti a un bivio e ci chiede: “Credi che sei fratello degli altri? Credi che Dio è padre di tutti?”».

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