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La Santa Sede ha posto fine al dissidio con le autorità cinesi sulla nomina di monsignor Shen Bin, già vescovo di Haimen, che tra il marzo e l'aprile scorso si era insediato come nuovo vescovo di Shanghai come decisione unilaterale del governo di Pechino e senza il consenso di Vaticano. Oggi, come si legge nel Bollettino della Sala stampa vaticana, «il Santo Padre ha nominato Vescovo di Shanghai, in Cina continentale, S.E. Mons. Giuseppe Shen Bin, trasferendolo dalla Diocesi di Haimen, provincia di Jiangsu». Si risolve così una vicenda che nei mesi scorsi aveva determinato un vero e proprio «caso diplomatico» tra la Santa Sede e la Cina.
Secondo la biografia diffusa dalla Sala stampa vaticana, monsignor Giuseppe Shen Bin è nato il 23 febbraio 1970 a Qidong, nella provincia di Jiangsu. Dopo aver compiuto gli studi filosofici a Sheshan (Shanghai) e quelli teologici a Pechino, è stato ordinato sacerdote il 1° novembre 1996. Ha, quindi, svolto il ministero pastorale nella Diocesi di Haimen, dapprima come vicario parrocchiale, nella Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, poi come vicario generale e, infine, come parroco, nella Parrocchia della Madre di Dio. Il 17 aprile 2010 è stato nominato alla Sede di Haimen, con il consenso delle due Parti, e il 21 successivo è stato consacrato vescovo.
Dal 2022, mons. Shen Bin è anche presidente dell'organismo denominato «Collegio dei Vescovi Cattolici Cinesi». Il 4 aprile scorso, l'arrivo di mons. Shan Bin a Shanghai era stato annunciato pochi giorni prima dalle autorità cinesi, ma dell'avvenuto insediamento si è poi appreso in Vaticano «solo dai media» come ebbe a dire il portavoce Matteo Bruni.
La nomina di Shen Bin era arrivata attraverso una lettera del Consiglio dei vescovi cinesi, di cui il prelato è capo. L'organismo, tra l'altro, non è riconosciuto dalla Santa Sede ed è strettamente sottomesso al Partito comunista cinese.
La nomina odierna è stata spiegata dal Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin in un’intervista ai media vaticani: «Il Santo Padre Francesco ha deciso di sanare l'irregolarità canonica creatasi a Shanghai, in vista del maggior bene della Diocesi e del fruttuoso esercizio del ministero pastorale del vescovo. L'intenzione del Santo Padre è fondamentalmente pastorale e permetterà a monsignor Shen Bin di operare con maggior serenità per promuovere l'evangelizzazione e favorire la comunione ecclesiale», ha detto Parolin, «nello stesso tempo, noi speriamo che egli possa, d'intesa con le Autorità, favorire una soluzione giusta e saggia di alcune altre questioni pendenti da tempo nella Diocesi, come - per esempio - la posizione dei due vescovi ausiliari, mons. Taddeo Ma Daqin, tuttora impedito, e mons. Giuseppe Xing Wenzhi, ritirato».
Per spiegare quanto è accaduto, il cardinale Parolin ritiene «utile richiamare i precedenti e le circostanze della vicenda». Come si ricorderà, «l'Accordo provvisorio sulla nomina dei Vescovi in Cina è stato prorogato per un altro biennio il 22 ottobre 2022. Circa un mese dopo, la Santa Sede ha dovuto esprimere sorpresa e rammarico per la notizia dell'installazione di mons. Giovanni Peng Weizhao, vescovo di Yujiang, come ausiliare della Diocesi di Jiangxi, non riconosciuta dalla Santa Sede e senza che quest'ultima sia stata né consultata né informata».
Per quanto riguarda invece Shanghai, «la Santa Sede è stata informata del provvedimento adottato dalle Autorità cinesi di trasferire monsignor Giuseppe Shen Bin, vescovo di Haimen, ma, ancora una volta, non è stata coinvolta». Secondo il segretario di Stato vaticano, «la decisione di prendere tempo prima di commentare pubblicamente il caso va attribuita alla necessità di valutare attentamente sia la situazione pastorale della Diocesi di Shanghai, che è riconosciuta dalla Santa Sede e che da troppo tempo era senza vescovo, sia l'opportunità di trasferire mons. Shen Bin, pastore stimato. Ambedue i trasferimenti sono stati compiuti senza coinvolgimento della Santa Sede», ha ribadito, «questo “modus procedendi” pare non tenere conto dello spirito del dialogo e della collaborazione instauratisi tra la Parte vaticana e la Parte cinese negli anni e che ha trovato un punto di riferimento nell'Accordo».
Parolin ricorda che l'Accordo tra Santa sede e Cina «ruota attorno al principio fondamentale della consensualità delle decisioni che riguardano i vescovi. Qualora si presentino situazioni che sembrano nuove e impreviste, si tratterà di cercare di risolverle in buona fede e con lungimiranza, rileggendo meglio quanto è scritto e ispirandosi ai principi che ne hanno guidato la stesura. Stiamo, perciò, cercando di chiarire questo punto, in un dialogo aperto e in un confronto rispettoso con la Parte cinese. Confidando nella saggezza e nella buona volontà di tutti, speriamo di arrivare a conclusioni positive, utili per proseguire il cammino, superando ogni difficoltà».
E per il cardinale segretario di Stato «dobbiamo prevenire insieme le situazioni disarmoniche che creano dissapori e incomprensioni anche all'interno delle comunità cattoliche e la buona applicazione dell'Accordo è uno dei mezzi per farlo, unitamente a un dialogo sincero. Abbiamo firmato un Accordo che può essere definito storico e che ha bisogno però di essere applicato integralmente e nella maniera più corretta possibile. Oggi, nel momento cruciale dell'applicazione, abbiamo bisogno della buona volontà, del consenso e della collaborazione, che ci hanno permesso di stipulare questo patto lungimirante! La Santa Sede è decisa a fare la sua parte perché il cammino continui».



