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Un anno fa si nutriva una speranza diversa. Maggiore. E' partita da un ricordo l’udienza di Francesco alla Roaco, un acronimo che sta per Riunione delle opere di aiuto per le Chiese orientali. Il Papa ha ricordato che l’ultimo incontro con quell’organismo era avvenuto nel 2014, più o meno di questi giorni, a ridosso del viaggio apostolico in Terra Santa e della successiva Supplica per la pace in Vaticano. Tutti, ha sottolineato Bergoglio, «avremmo desiderato che il seme della riconciliazione avesse prodotto più frutti»: «Altri eventi che hanno ulteriormente sconvolto il Medio Oriente, da anni segnato da conflitti, ci fanno sentire il freddo di un inverno e di un gelo nel cuore degli uomini che sembra non finire. La terra di quelle regioni è solcata dai passi di quanti cercano rifugio e irrigata dal sangue di tanti uomini e donne, tra i quali numerosi cristiani perseguitati a causa della loro fede».
Nel recente viaggio in Iraq di una vostra delegazione, ha proseguito il Papa, «avete incontrato volti concreti, in particolare gli sfollati della piana di Ninive, ma anche piccoli gruppi provenienti dalla Siria»: «Avete portato loro lo sguardo e la benedizione del Signore. Ma al tempo stesso sentivate che in quegli occhi che chiedevano aiuto e supplicavano la pace e il ritorno alle proprie case era proprio Gesù stesso che vi guardava, chiedendo quella carità che ci fa essere cristiani». «Ogni opera di aiuto, per non cadere nell’efficientismo o in un assistenzialismo che non promuove le persone e i popoli – ha sottolineato riprendendo la Bolla di indizione del Giubileo della Misericordia – deve rinascere sempre da questa benedizione del Signore che ci giunge quando abbiamo il coraggio di guardare la realtà».
Il Papa ha poi proseguito: «sembra che il mondo abbia avuto un sussulto di coscienza e abbia aperto gli occhi, rendendosi conto della presenza millenaria dei cristiani nel Medio Oriente». E ha sottolineato, in particolare, che si sono «moltiplicate iniziative di sensibilizzazione e di aiuto per loro e per tutti gli altri innocenti ingiustamente colpiti dalla violenza»: «Tuttavia, ci sarebbe da compiere un ulteriore sforzo per eliminare quelli che appaiono come taciti accordi per i quali la vita di migliaia e migliaia di famiglie – donne, uomini, bambini, anziani – sulla bilancia degli interessi sembra pesare meno del petrolio e delle armi, e mentre si proclama la pace e la giustizia si tollera che i trafficanti di morte agiscano in quelle terre. Vi incoraggio pertanto, mentre proseguite il servizio della carità cristiana, a denunciare ciò che calpesta la dignità dell’uomo».
Francesco ha osservato, inoltre, che per la sua assemblea plenaria la Roaco ha scelto di riflettere anche su Etiopia e Eritrea: «Voi potete aiutare queste antichissime comunità cristiane a sentirsi partecipi dalla missione evangelizzatrice e ad offrire, soprattutto ai giovani, un orizzonte di speranza e di crescita. Senza questo, non potrà arrestarsi il flusso migratorio che vede tanti figli e figlie di quella regione mettersi in cammino per giungere alle coste del Mediterraneo, a rischio della vita».
L'Armenia, infine. Il Papa ha ricordato che la Roaco si occuperà anche dell’Armenia, «culla della prima nazione che ricevette il battesimo», ha punbtualizzato il Papa, e che «custodisce essa pure una grande storia ricca di cultura, di fede e di martirio». Francesco ha dunque concluso il suo discorso riprendendo un passo dell’Inno sulla Resurrezione di Sant’Efrem: «Accetta, nostro Re, la nostra offerta, e donaci in cambio la salvezza. Pacifica le terre devastate, riedifica le chiese incendiate affinché, quando vi sarà grande pace, una grande corona possiamo intrecciarti di fiori provenienti da ogni parte, perché sia incoronato il Signore della pace».
Nel recente viaggio in Iraq di una vostra delegazione, ha proseguito il Papa, «avete incontrato volti concreti, in particolare gli sfollati della piana di Ninive, ma anche piccoli gruppi provenienti dalla Siria»: «Avete portato loro lo sguardo e la benedizione del Signore. Ma al tempo stesso sentivate che in quegli occhi che chiedevano aiuto e supplicavano la pace e il ritorno alle proprie case era proprio Gesù stesso che vi guardava, chiedendo quella carità che ci fa essere cristiani». «Ogni opera di aiuto, per non cadere nell’efficientismo o in un assistenzialismo che non promuove le persone e i popoli – ha sottolineato riprendendo la Bolla di indizione del Giubileo della Misericordia – deve rinascere sempre da questa benedizione del Signore che ci giunge quando abbiamo il coraggio di guardare la realtà».
Il Papa ha poi proseguito: «sembra che il mondo abbia avuto un sussulto di coscienza e abbia aperto gli occhi, rendendosi conto della presenza millenaria dei cristiani nel Medio Oriente». E ha sottolineato, in particolare, che si sono «moltiplicate iniziative di sensibilizzazione e di aiuto per loro e per tutti gli altri innocenti ingiustamente colpiti dalla violenza»: «Tuttavia, ci sarebbe da compiere un ulteriore sforzo per eliminare quelli che appaiono come taciti accordi per i quali la vita di migliaia e migliaia di famiglie – donne, uomini, bambini, anziani – sulla bilancia degli interessi sembra pesare meno del petrolio e delle armi, e mentre si proclama la pace e la giustizia si tollera che i trafficanti di morte agiscano in quelle terre. Vi incoraggio pertanto, mentre proseguite il servizio della carità cristiana, a denunciare ciò che calpesta la dignità dell’uomo».
Francesco ha osservato, inoltre, che per la sua assemblea plenaria la Roaco ha scelto di riflettere anche su Etiopia e Eritrea: «Voi potete aiutare queste antichissime comunità cristiane a sentirsi partecipi dalla missione evangelizzatrice e ad offrire, soprattutto ai giovani, un orizzonte di speranza e di crescita. Senza questo, non potrà arrestarsi il flusso migratorio che vede tanti figli e figlie di quella regione mettersi in cammino per giungere alle coste del Mediterraneo, a rischio della vita».
L'Armenia, infine. Il Papa ha ricordato che la Roaco si occuperà anche dell’Armenia, «culla della prima nazione che ricevette il battesimo», ha punbtualizzato il Papa, e che «custodisce essa pure una grande storia ricca di cultura, di fede e di martirio». Francesco ha dunque concluso il suo discorso riprendendo un passo dell’Inno sulla Resurrezione di Sant’Efrem: «Accetta, nostro Re, la nostra offerta, e donaci in cambio la salvezza. Pacifica le terre devastate, riedifica le chiese incendiate affinché, quando vi sarà grande pace, una grande corona possiamo intrecciarti di fiori provenienti da ogni parte, perché sia incoronato il Signore della pace».



